Intervento tenuto il 3 aprile 2014 al convegno “Per una Regione energy smart” organizzato dal gruppo consigliare Per il Lazio. Il tema è quello di come coniugare sviluppo e competitività.
Per essere smart occorre anzitutto usare l’intelligenza, onde evitare che il fenomeno si identifichi con una serie di tecnologie di per sé affascinanti, ma non dotate di raziocinio autonomo. Insomma: smart people for smart technologies. Nel campo dell’efficienza energetica, materia sempre più al centro dell’interesse, ma molto complessa, di intelligenza ne serve tanta e in varie forme: per la conoscenza, per la gestione, per l’integrazione, per l’innovazione. Un compito del governo regionale è proprio quello di favorire lo sviluppo di queste capacità.
La direttiva 2012/27/UE, al di là di come verrà recepita, è un buon punto di partenza per avere degli spunti sulle azioni da intraprendere. Essa è infatti un insieme di buone pratiche, che sottolinea l’importanza delle diagnosi energetiche (conoscenza), dei sistemi di gestione dell’energia (gestione), della cogenerazione e del teleriscaldamento (integrazione) e della diffusione di tecnologie e soluzioni intelligenti (innovazione).
Un primo elemento è dunque quello di promuovere l’informazione e la formazione in questo settore, estendendo la prima a tutti gli attori: consumatori finali, enti locali, installatori e manutentori, ESCO, distributori e fornitori, produttori di energia e produttori di tecnologie, ciascuno con il messaggio più idoneo. Il processo richiede tempo e serve ad assicurare che le varie parti trovino delle controparti pronte ad attivarsi (e.g. il condominio che cerca una ESCO e trova effettivamente una società in grado di offrire un contratto a prestazioni garantite e il finanziamento tramite terzi, attivato attraverso una banca disponibile a finanziare progetti di efficientamento sulla base delle loro capacità di produrre flussi di cassa).
A questo scopo sono necessarie figure qualificate (ossia opportunamente formate) o certificate (per le quali un organismo terzo riconosce il rispetto dei requisiti di esperienza e competenza). Agli energy manager, ad esempio, si affiancano gli EGE certificati da organismi accreditati, come il SECEM di FIRE, secondo la norma UNI CEI 11339. Le ESCO sono invece certificabili secondo la norma UNI CEI 11352, eventualmente associata alla norma EN 15900 sui servizi di efficientamento energetico. Nei prossimi anni si diffonderà anche la certificazione degli energy auditor (un sottoinsieme degli EGE).
Il secondo punto fondamentale è la gestione, che vede nell’energy manager la figura centrale. Energy manager che nel settore pubblico è spesso assente: solo 7 Regioni su 20 lo hanno nominato, insieme a 43 province su 110 e 107 comuni su un migliaio che sarebbero sottoposti all’obbligo. Un’azione di successo non può non partire dalla presenza nelle grandi organizzazioni pubbliche e private dell’energy manager, che può essere rafforzata dalla presenza di un sistema di gestione dell’energia ISO 50001.
L’unione della conoscenza dei consumi e di una gestione intelligente delle organizzazioni rende possibile tra l’altro il ricorso ai contratti a prestazioni garantite e al finanziamento tramite terzi, altrimenti di difficile o impossibile attuazione.
La direttiva 2012/27/UE richiede poi un’analisi costi-benefici per verificare la convenienza nella diffusione di sistemi di cogenerazione e teleriscaldamento, sia riferiti a nuove installazioni, sia a realtà esistenti. Lo scopo è massimizzare l’utilizzo dei combustibili, come avviene in realtà come Riva del Garda, dove l’impianto della cartiera all’atto del ripotenziamento è stato collegato alla rete di teleriscaldamento che alimenta il centro abitato. Questa integrazione fra le soluzioni tecnologiche, gli impieghi finali, i produttori di energia e le infrastrutture ICT consentirà di conseguire le efficienze maggiori, con potenziali ricadute sulla produzione tecnologica di diverse aziende nazionali.
Lo sforzo fatto attraverso i sistemi di incentivazione e in collegamento alle ambiziose politiche dell’Unione europea, peraltro, sarà giustificato e porterà frutto se si saprà collegare all’innovazione tecnologica e al collegamento fra parchi tecnologici e distretti industriali, per poter esportare all’estero tecnologie e soluzioni che saranno sempre più richieste, purché all’avanguardia.
Questi quattro punti necessitano di una visione e di una strategia mirata a coinvolgere le strutture locali e a creare sinergie sul territorio, attivando sia le grandi realtà, sia le PMI. Una strategia che può funzionare solo se Stato e Regioni svolgono ciascuno la sua parte.
Per concludere, i quattro suggerimenti che si ritiene utile dare alle Regioni che hanno deciso di affrontare con impegno la green economy sono i seguenti:
- iniziare dalla gestione, dalla promozione della nomina dell’energy manager e dai sistemi di gestione dell’energia (a cominciare dalle Regioni stesse, visto che i piani di azione sono più efficaci se costruiti su esperienze vissute);
- puntare alle infrastrutture complesse, come aeroporti, stazioni, centri commerciali, realtà industriali (azioni ad alta visibilità, potenziale elevato di impatto sulle azioni intraprese e possibilità di acquisire elementi utili su come affrontare la complessità);
- non ripartire da capo quanto si deve pianificare o regolare, visto che molto è stato fatto negli ultimi anni in tema di studi e di esperienze (la complessità dell’efficienza energetica rende i tempi di reazione del mercato lunghi, per cui occorre andare oltre gli orizzonti di una singola legislatura);
- utilizzare in modo assegnato le scarse risorse economiche disponibili negli enti locali e a livello regionale, puntando anzitutto sull’informazione e sui fondi di garanzia (si suggerisce la guida FIRE dedicata allo scopo, disponibile nel sito web della FIRE).