I TEE e il rispetto pedissequo delle leggi

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La recente sentenza del TAR della Lombardia in accoglimento del ricorso presentato da alcune imprese di distribuzione fa venire meno il cap introdotto dal D.M. 10 maggio 2018 sul contributo tariffario nel meccanismo dei certificati bianchi. Una questione in più per uno schema già gravato di problemi. La sentenza merita di essere letta, in quanto esempio di contorsioni all’italiana sulla forma delle cose, con buona pace della sostanza. Resterà da vedere cosa succederà sul mercato dei titoli in attesa della definizione di nuove regole da parte dell’ARERA. La speranza è che prevalga il buon senso e che la politica si decida a porre la giusta attenzione allo schema dei TEE.

Articolo pubblicato su Staffetta Quotidiana.

Il meccanismo dei certificati bianchi ha le sue pene da affrontare, fra la carenza dei titoli sul mercato, l’offerta che stenta a riprendersi, la riduzione della trasparenza dei dati pubblicati (e.g. quanti PC sono stati presentati ed approvati? Perché non ci è dato saperlo con dati aggiornati mensilmente?), le difficoltà dei distributori obbligati chiamati a subire un passivo in bilancio senza sostanzialmente poter compiere azioni per evitarlo, un contenzioso incredibile legato a percentuali di verifiche con esito negativo che lasciano attoniti, etc.

Eppure, al tradizionale convegno FIRE tenutosi a KeyEnergy a inizio novembre la sala era piena (nonostante il GSE non abbia potuto partecipare) e dagli operatori di mercato sono comunque emerse proposte per rimettere in carreggiata lo schema, segno che una fiducia di base nelle potenzialità del meccanismo ancora sussiste. Con le giuste modifiche e un rinnovato approccio da parte del GSE, su cui il Gestore aveva iniziato un percorso che sarebbe stato più spedito se non fossero emerse le note problematiche al vertice, si potrebbe sperare di rivederlo funzionare, come peraltro ipotizzato nella proposta di Piano nazionale integrato energia e clima.   

A questo proposito, FIRE, che già aveva condiviso delle proposte predisposte insieme ai principali stakeholder del meccanismo a inizio anno, sta lavorando con Confindustria per un nuovo documento, che terrà conto delle mutate condizioni del sistema e che potrà a breve offrire degli stimoli alle Istituzioni competenti. 

Ora, tanto per movimentare un po’ le già turbolente acque, arriva la sentenza del TAR della Lombardia n. 201902538 del 28 novembre 2019 di accoglimento del ricorso presentato da alcuni distributori sul tema del cap al contributo tariffario, introdotto dal MiSE con il D.M. 10 maggio 2018 per dare un freno alla corsa al rialzo dei prezzi del mercato dei certificati bianchi ed evitare che i costi dello schema diventassero insostenibili. 

La  sentenza si può riassumere così, usando in parte del testuali parole del dispositivo stesso: il MiSE, seppur animato dal meritorio intento di stabilizzare il prezzo dei TEE, ha invaso la sfera di competenza dell’ARERA nella determinazione del contributo in tariffa,  svuotandone la potestà regolatoria di sostanza e significanza (potestà peraltro attribuitale dal MiSE); l’ARERA, d’altra parte, con il pedissequo recepimento del dettato ministeriale, ha in sostanza abdicato dall’esercizio delle proprie indefettibili potestà di regolazione. Di più, l’ARERA avrebbe dovuto: non applicare detta prescrizione ministeriale relativa al cap, ovvero in ogni caso non assumerla quale dato vincolante ed immodificabile, provvedendo a determinare i criteri di determinazione del contributo e foggiando in piena autonomia i relativi criteri di calcolo ed il “valore massimo di riconoscimento”. Quindi, ragionevole o meno che fosse il cap, ci ritroviamo di colpo a doverne fare a meno. Se non altro con una sentenza dalle motivazioni non banali.

La domanda a questo punto è: che succederà ora? Direi che la soluzione più logica, sulla base dei contenuti della sentenza, sia che l’ARERA emani una nuova delibera in cui definisca le regole del contributo tariffario. Sul mercato i prezzi potrebbero nel frattempo tornare a salire, anche se è logico pensare a un atteggiamento cauto da parte dei soggetti obbligati, anche perché non è dato di sapere quali regole saranno determinate (e nulla toglie che sia reintrodotto un cap, magari con un impatto meno negativo sui conti dei distributori). D’altra parte, il MiSE ha già usato in passato la sospensione delle sessioni di mercato per evitare un aumento non sostenibile dei costi dello schema. 

Comunque vada, il rischio è che la situazione si faccia ancora più complicata di quello che già è. Per evitare di peggiorare le cose, la speranza è che questa novità possa rimettere lo schema al centro dell’attenzione della politica e che ci si metta al più presto al lavoro per rilanciare il meccanismo. È inutile fantasticare di Green new deal e mirabolanti obiettivi se non si riesce nemmeno a fare funzionare le politiche esistenti. Occorre agire.