Un piano di azione per riqualificare gli edifici

FIRE Buona pratica settore energetico

Riqualificare gli edifici ci serve sia per rendere migliori, più confortevoli e sicuri i luoghi dove passiamo buona parte della mia vita, sia per rispondere alla sfida del cambiamento climatico. Abbiamo a disposizione numerose opportunità di intervento. Alcune molto convenienti, altre, come il rinnovamento dell’involucro edilizio, costose. Con una strategia e strumenti adeguati è comunque possibile riuscire ad intervenire in modo sostenibile dal punto di vista economico. Non so se sarà possibile raggiungere gli obiettivi comunitari – cosa che dipenderà anche da come verranno definiti – ma non è questo il punto. Ci conviene intervenire per vivere meglio e stimolare la nostra economia.

Articolo pubblicato originariamente su Quotidiano Energia.

Visto che si parla di PNIEC, ossia del Piano nazionale integrato energia e clima, l’Italia ha un’urgenza: mettere in piedi una strategia credibile e solida per riqualificare il parco immobiliare e il settore dei trasporti. La ragione non sta tanto negli obiettivi legati al pacchetto europeo Fit for 55, quanto a due considerazioni di base. La prima è che questi due settori continuano ad affossare gli indicatori energetici ed ambientali nel nostro Paese, come risulta anche dal rapporto annuale Efficiency and decarbonization indicators in Italy and in the biggest European Countries, la cui edizione 2023 è stata appena pubblicata dall’Ispra. La seconda è che i edifici e trasporti sono da noi responsabili del 75% dei consumi finali di energia e dunque presentano i margini maggiori di intervento. Di seguito alcune considerazioni di FIRE sul settore degli edifici, basate sui commenti inviati al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) per rispondere alla consultazione sul Piano nazionale.

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Riqualificazione degli edifici: opportunità, non solo costi

FIRE Buona pratica settore energetico

Invece di discutere se sia corretto o meno raggiungere un valore medio della classe energetica degli edifici residenziali pari alla D nel 2033, è fondamentale ragionare di riqualificazione degli edifici e del perché rappresenti un’opportunità, non solo un costo. Questo è il senso di questo articolo, pubblicato su Rienergia. Abbiamo bisogno di discutere dei temi fondamentali per rinnovare la nostra economia in modo sostenibile e che ci porti verso emissioni zero. La riqualificazione degli edifici non può che essere fra questi.

Perché rinnovare i nostri edifici?

Viviamo in un Paese bello e ricco come pochi altri, in cui è possibile passare anni a girare fra città e borghi unici al mondo. Certo, abbiamo anche quartieri degradati e cittadine cresciute con la speculazione edilizia, ma il nostro parco immobiliare merita certo attenzione e cura. Del resto negli edifici mangiamo, lavoriamo, socializziamo, creiamo, produciamo, amoreggiamo, litighiamo, dormiamo… insomma viviamo. La maggior parte di noi, tagliata fuori dalla natura salvo qualche sporadica vacanza, passa buona parte della sua vita in questi ambienti. Sarebbe dunque logico cercare di renderli il più possibile confortevoli, sicuri, resistenti, accoglienti e sostenibili e dedicare il nostro tempo a trovare il modo di tradurre questo in realtà. Possibilmente nell’ambito di un rinascimento urbano dei nostri centri.

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Politiche per riqualificare gli edifici

mappa comunità energetiche

Si è parlato della nuova direttiva sulle prestazioni energetiche degli edifici e di opportunità di intervento al convegno sulle politiche per riqualificare gli edifici organizzato da FIRE in collaborazione con GBC Italia e il Coordinamento FREE. L’obiettivo è promuovere un piano di ristrutturazione ampio per gli immobili. Una grande opportunità di investimento per rilanciare il settore delle costruzioni, migliorare i nostri immobili sotto il profilo energetico, ambientale, della sicurezza e della salubrità. Nella mia presentazione parlo delle politiche esistenti per la riqualificazione degli edifici e delle modifiche in discussione a livello comunitario.

Negli ultimi giorni si è molto dibattuto, come al solito anche a sproposito, della proposta di modifica della direttiva sulle prestazioni energetiche degli edifici in discussione a Bruxelles. In particolare ha destato dibattiti accesi la previsione di riqualificare obbligatoriamente tutti gli immobili – a parte alcune eccezioni – entro il 2030 in classe E ed entro il 2033 in classe D. Si passa da chi ha dipinto ciò come una patrimoniale, il che non ha senso, trattandosi di investimenti che oggi possono avere un tempo di ritorno inferiore ai dieci anni con gli incentivi disponibili. D’altra parte nel nostro Paese, caratterizzato da fasce climatiche molto diverse e un parco edifici che spazia da quelli medievali a quelli realizzati fra gli anni Sessanta e Settanta, non prevedere esenzioni per gli edifici in zona climatica A, B e C e per quelli antichi, seppur non di pregio storico-architettonico, non avrebbe senso.

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Superbonus fra luci e ombre

superbonus fra luci e ombre

Il superbonus è la politica più forte messa in campo nel nostro Paese negli ultimi anni sul fronte degli edifici. Anche troppo forte, visto che la scelta della detrazione al 110%, come prevedibile, ha reso tutto più complesso e creato delle inevitabili distorsioni. Ma quello che interessa è capire se e come stia funzionando e quanto possa portare di buono nei prossimi anni con le dovute modifiche; un fronte su cui in FIRE sto attivamente lavorando. Per questo si è deciso a gennaio di raccogliere pareri da una serie di stakeholders in un focus sulla rivista Gestione Energia, lavoro che ha portato a un’analisi di come il superbonus si stia sviluppando fra luci e ombre. Di seguito l’articolo scritto come introduzione al focus, sulla base dei contributi ricevuti.

Sono passati diversi mesi ormai dall’introduzione del superbonus con il D.L. 19 maggio 2020 n. 34. In FIRE, pur lodando l’idea di coniugare ripresa economica e sostenibilità insita nella misura, fin dall’inizio abbiamo condiviso forti dubbi su di essa (si veda ad esempio questo articolo). Nel corso delle continue interlocuzioni che abbiamo con tutti gli stakeholder del settore energetico abbiamo in questi mesi raccolto diversi pareri e confidenze, spesso di segno negativo, ma non solo. Abbiamo perciò ritenuto utile produrre un focus sul tema, intervistando soggetti diversi per vedere cosa ne pensano.

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Riqualificazione energetica degli edifici pubblici: le linee guida Eurostat

linee guida Eurostat

In post passati avevo segnalato come l’approccio ai contratti EPC per la riqualificazione degli edifici pubblici da parte di Eurostat – che oltre a gestire le statistiche a livello comunitario monitora anche il rispetto del Patto di stabilità per la pubblica amministrazione – fosse piuttosto penalizzante. In sostanza il finanziamento tramite terzi risultava difficilmente utilizzabile senza iscrivere gli investimenti realizzati a bilancio, rendendo percorribile solo la strada dei contratti di servizio, sempre rischiosa in presenza di quote di lavori consistenti.  In seguito alla pressione ricevuta da molti Paesi membri, Eurostat è intervenuta nuovamente sul tema, modificando in modo piuttosto radicale la visione nel merito e rendendo il partenariato pubblico privato e gli appalti di lavori in relazione ai contratti EPC pubblici nuovamente una possibilità.

Di seguito la sintesi scritta per la newsletter di FIRE.

La proposta di Strategia energetica nazionale (SEN), su cui FIRE ha predisposto un documento di proposte di cui consiglio la lettura, ribadisce giustamente l’importanza dei contratti di rendimento energetico (EPC) per favorire la riqualificazione energetica di edifici e processi. Si tratta infatti di uno strumento che consente non solo di ottenere la garanzia delle prestazioni sui progetti di efficientamento energetico realizzato per la durata del contratto, ma anche di facilitare l’accesso alle risorse finanziarie di terzi, venendo incontro così alle esigenze dei soggetti che non dispongono di sufficiente equity da investire.

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