Per accelerare la decarbonizzazione servono ingenti risorse. Una carbon tax potrebbe essere la soluzione più semplice per riuscire a raccoglierle (anche se poi andrebbe dimostrato che sapremmo investirle in politiche efficaci). Oppure potrebbe essere strutturata in modo da non alterare la pressione tributaria (riducendo il cuneo fiscale, ad esempio), mandando però un segnale di prezzo in grado di stimolare scelte in grado di ridurre le emissioni attraverso la scelta di prodotti e servizi a limitata impronta carbonica. Penso sia utile approfondire la tematica con un adeguato dibattito (possibilmente basato su analisi e scenari), in modo da individuare le soluzioni migliori. Nell’articolo, pubblicato su Quotidiano Energia, ricordo anche i consistenti risparmi parcheggiati in conti non fruttiferi che potrebbero essere mobilitati per la decarbonizzazione senza nemmeno introdurre nuove misure, purché la politica riesca a dare fiducia a famiglie e imprese (meno social e risse continue, più negoziazione e rispetto del proprio ruolo la ricetta…).
Negli ultimi tempi si sente parlare con crescente interesse di carbon tax, sia a livello europeo, sia nazionale, con diverse organizzazioni che propongono la tassazione sul carbonio come strumento per promuovere la decarbonizzazione. Il ragionamento di base è semplice: gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra sono ambiziosi da conseguire ed è difficile pensare di raggiungerli a condizioni attuali senza mettere in campo risorse consistenti. Risorse che una carbon tax potrebbe consentire di raccogliere, stimolando nel contempo efficienza energetica, fonti rinnovabili e cambiamenti comportamentali.
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