Non di soli GW vive l’uomo

Serve l’intelligenza nel progettare, costruire e gestire. Quell’intelligenza che i nostri nonni avevano e che consentiva di realizzare opere ormai impensabili, nonostante i bonus tecnologici di cui disponiamo. Quell’intelligenza che non si può essere volatilizzata. 

Tratto da: Quotidiano Energia.

Qualcuno di voi ricorderà che dieci anni or sono avevamo il problema di una capacità di generazione elettrica insufficiente. Il Governo promulgò dei provvedimenti per facilitare e velocizzare la realizzazione di nuove centrali e per potenziare le reti elettriche, senza però fissare limiti, visto che contestualmente il mercato era stato liberalizzato e dunque stava ai produttori decidere quanto, come e dove investire. Può essere interessante verificare sinteticamente il risultato di un decennio di scelte.

Secondo i dati di Terna, in Italia il picco di potenza massima nel 2001 è stato di 52 GW con variazioni nell’anno comprese fra questo valore e un minimo di 19 GW. Nello stesso anno erano in teoria presenti 71 GW di potenza netta, ma nella pratica rimanevano a disposizione mediamente solo 49 GW. Si trattava di una situazione critica, e il black-out nazionale del 2003 è rimasto a testimonianza di un sistema non ottimale (nelle procedure, oltreché nell’hardware).

Nel 2011, complice la riduzione dei consumi legata alla crisi, la domanda di picco massimo è salita a 56 GW, solo quindi circa di un 10% invece che del 20% tendenziale, mentre la richiesta minima si è attestata a 22 GW. La potenza netta installata, invece, ha raggiunto i 118 GW, di cui 76 GW termoelettrici (che insieme a una ventina di GW idroelettrici e geotermoelettrici e alle importazioni nell’ordine dei 6 GW costituiscono la base della produzione programmabile). Anche se una parte della potenza installata non è stata disponibile (il rapporto Terna 2011 non offre dati a tale proposito), appare chiaro che siamo agli antipodi del punto di partenza. È vero che la crisi non ha aiutato e che le fonti rinnovabili sono cresciute più rapidamente del previsto, ma i numeri in gioco evidenziano una non ottimale capacità previsionale di alcuni produttori termoelettrici.

Alcune FER non programmabili sono utili per ridurre l’effetto della componente di costo legata ai combustibili (passata nel decennio da circa 40 a più di 100 €/MWh), nonostante l’aumento degli oneri di sistema, che a inizio 2012 valevano circa 24 €/MWh, e le distorsioni legate alla stabilità della rete e al dispacciamento. Lo sviluppo irrazionale di impianti multimegawatt localizzati lungo le linee della distribuzione, invece che di micro impianti localizzati presso le utenze, impone d’altro canto interventi e costi a breve termine che si sarebbero potuti evitare con un po’ di buon senso.

Le conseguenze di un decennio poco meditato non sono positive. Gli impianti termoelettrici sono passati da una media di 3.780 ore l’anno di funzionamento a 2.980 ore l’anno, vanificando in parte il risultato conseguito in termini di miglioramento di rendimento (passato dal 40% al 47%). I produttori termoelettrici sono in difficoltà e fanno fatica a ripagare gli investimenti fatti negli ultimi anni, con ricadute sui prezzi e sul sistema (le FER non programmabili portano in tale schema a uno spostamento verso le ore serali dei prezzi di picco e danno il colpo di grazia a un sistema sproporzionato). Chi fornisce loro il gas, diventato nel frattempo il principale combustibile impiegato per la generazione, soffre allo stesso modo.

Ciò si traduce in tensioni e lotte lobbistiche fra stakeholder e dunque a probabili ulteriori aumenti di prezzo dell’energia (o a un costo legato a chiusure di impianti ancora “giovani”). Lotte che tra l’altro fanno perdere di vista gli elementi fondamentali che dovrebbero guidare l’azione di un Paese che importa l’85% delle risorse energetiche: puntare al massimo su un utilizzo razionale delle risorse energetiche e sulle fonti rinnovabili presenti sul territorio, favorendo quelle localizzate presso l’utenza (ossia gli autoconsumi) e prossime alla grid parity.

Le invocate smart grid possono aiutare, ma non risolveranno un granché se non saranno sviluppate in modo smart. Tanti componenti avanzati collegati l’uno all’altro non fanno necessariamente un sistema intelligente e utile, purtroppo. E un componente smart di per sé non garantisce un uso caratterizzato dallo stesso aggettivo (vedere la storia del contatore intelligente).

Tutto ciò non per dare colpe o pontificare a posteriori – so bene che solo chi non agisce non sbaglia –, ma solo per dire ciò che è ovvio: non possiamo continuare così. Serve l’intelligenza nel progettare, costruire e gestire. Quell’intelligenza che i nostri nonni avevano e che consentiva di realizzare opere ormai impensabili, nonostante i bonus tecnologici di cui disponiamo. Quell’intelligenza che non si può essere volatilizzata.

Superando il silenzio sul tema energetico della campagna elettorale bisogna trovare il modo di parlare non tanto – o solo – di strategia e scenari, quanto di accorgimenti pratici per risolvere i problemi e di soluzioni che non richiedano incentivi. E questo non può che passare dal ritrovare un clima di collaborazione – anche interistituzionale – che si è visto troppo poco di recente.

Il nostro più che un problema di risorse o di costo dell’energia mi pare un problema di produttività scarsa. Non certo per le ore di lavoro insufficienti (come se già non si fosse rinunciato a una buona parte della propria vita senza averne nulla in cambio), come qualcuno prova a farci credere, ma per l’enorme quantità di tempo che si perde per nulla.

Lo stand-by vale un 5-6% dei consumi elettrici, e già è considerato alto. Il tempo che si perde dietro alla burocrazia, all’irrazionalità del quadro legislativo, all’assenza di organizzazioni funzionali e ai troppi dirigenti che pensano a gestire potere e consenso – se non a rubare – invece che a migliorare la realtà in cui operano e la situazione di chi lavora, valgono molto, molto di più (un 30%?). Se lo recuperassimo sono convinto che potremmo tornare a ragionare sulle nostre azioni, a creare e dare seguito alle nostre intuizioni, e con ciò riusciremmo a rimettere in piedi il Paese.

3 Comments

  1. Ciao, ogni tanto qualcuno che faccia un’analisi semplice e comprensibile ai più ci vuole proprio. Ne abbiamo abbastanza di coloro che semplificano con: sostenibile, ecologico, rinnovabile, ecc.; senza poi dire come.

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