Meglio l’efficienza energetica delle rateizzazioni in bolletta

Per cercare di ridurre i costi si può puntare su interventi strutturali, con la consapevolezza che i frutti arriveranno nel medio-lungo termine, o sui palliativi, come gli sconti in bolletta promessi dai “decreti del fare”, che alleviano di qualche punto percentuale il costo per i consumatori nell’immediato, ma l’aumentano nel medio-lungo periodo. Forse si può cercare di mettere insieme i due approcci per ottenere un beneficio più consistente.

Pubblicato su  www.greenbusinessweb.it.

Che in Italia il prezzo pagato dai consumatori per l’energia sia alto è risaputo. Pertanto è naturale che ai consumatori l’idea di sentire parlare di una riduzione del costo della bolletta piaccia. E non si può dire che l’attuale Governo, e in particolare il Ministro Zanonato, non si interessino del tema.

La domanda è dunque: gli sconti sulle bollette dei “decreti del fare” sono reali o sono come la vaporosa acqua anelata da chi passeggia nel deserto?

Può essere utile fare qualche ragionamento sintetico.

La bolletta dei consumatori è costituita dalle seguenti voci di costo (la percentuale si riferisce all’impatto medio sul costo del kWh residenziale): la componente energia (53%), le spese di trasporto e distribuzione (14%), le imposte (13%), gli oneri di sistema, che finanziano una serie di attività, fra cui le fonti rinnovabili (19%). Per le altre categorie di consumatori varia il peso relativo delle singole voci, ma non il concetto generale.

Se dunque si volesse ridurre il costo dell’energia occorrerebbe agire su una di queste voci. Le imposte difficilmente possono essere riviste al ribasso. Le componenti di trasporto sono andate progressivamente riducendosi per l’operato dell’Autorità per l’energia, ma dovendo orientarsi verso le reti intelligenti è improbabile che possano calare nel prossimo futuro. La componente energia, che rappresenta la voce principale, dopo anni di crescita negli ultimi mesi ha visto una flessione grazie alla quota crescente di fonti rinnovabili. Flessione che è stata però compensata dall’aumento degli oneri di sistema che vedono nelle fonti rinnovabili la maggiore voce di costo.

Gli spazi per ottenere risultati in tempi brevi sono nulli: purtroppo si pagano le scelte avventate da parte politica e imprenditoriale degli ultimi venti anni. Cosa si può fare? Di fronte a una spesa elevata le strade possibili sono: si elimina la voce di costo, si agisce alla radice del problema, rendendo meno costosa la generazione elettrica, si adottano dei palliativi, che differiscono nel tempo il problema o lo trasferiscono su altre categorie, si continua a pagare.

Lasciando da parte l’ultima opzione, la prima e la seconda appaiono come le più razionali ed efficaci, ma la terza spesso fa capolino in virtù dei costi iniziali minori. E le soluzioni prospettate nei due decreti del fare, così come gli sconti garantiti ai clienti energy intensive grazie al D.M. 5 aprile 2013, rientrano proprio nel terzo gruppo. Si posticipa nel tempo il pagamento di una parte degli oneri di sistema grazie alle risorse raccolte attraverso delle obbligazioni –  o bond in Inglese – sgravando una parte della componente oneri di sistema, aggiungendo però al fardello dei consumatori gli interessi da corrispondere ai possessori dei bond. Insomma, pregi e difetti di un finanziamento al posto di un acquisto cash.

L’idea dei bond non è malvagia. Si potrebbero però usare i fondi raccolti per costituire un fondo di garanzia con cui favorire il finanziamento di interventi di efficientamento energetico, agendo così in maniera strutturale alla radice del problema, invece che per differire una parte dei costi (lo sconto sarebbe tra l’altro nell’ordine di qualche punto percentuale). Il beneficio raggiungerebbe nell’immediato meno consumatori, ma il fondo di garanzia sarebbe rotativo e consentirebbe dunque di produrre risultati continuativi nel tempo. Inoltre si alimenterebbe la filiera di progettisti, installatori, manutentori, costruttori e componentisti, ESCO e altri operatori attivi lato offerta nell’efficienza energetica. La differenza sarebbe insomma la stessa che c’è fra un debito a perdere e un investimento. Perché non farci un pensierino?