L’obbligo delle diagnosi energetiche

Una sintesi sull’obbligo quadriennale delle diagnosi energetiche per le grandi imprese e i consumatori energivori ai sensi del D.Lgs. 102/2014. Una diagnosi energetica ben fatta è uno strumento utile per un’impresa, che consente di ottenere benefici economici ben superiori ai costi affrontati e di intraprendere un cammino che passa per l’adozione di un sistema di gestione dell’energia e che porta a sfruttare quest’ultima come reale leva di competitività. Dopo l’adempimento dell’obbligo nel 2015, si avvicina la seconda scadenza nel 2019, per la quale è previsto un maggiore impiego dei sistemi di monitoraggio.

La direttiva sull’efficienza energetica, recepita con il D.Lgs. 102/2014 nel nostro ordinamento, promuove diversi strumenti volti a favorire l’adozione di misure virtuose in merito ai consumi energetici. Uno degli strumenti essenziali da questo punto di vista è la diagnosi energetica, ossia un rapporto stilato da un esperto che fotografi la situazione energetica dell’impresa in esame e indichi le soluzioni disponibili per risparmiare energia e contribuire a rendere la produzione di beni e servizi più efficiente e competitiva.

Sulle diagnosi energetiche la Commissione europea ha optato per un approccio forte, imponendo una prima diagnosi obbligatoria per tutte le imprese che non risultino PMI in base alla definizione comunitaria – tenendo conto dunque di società associate e collegate – da realizzare entro il 5 dicembre 2015. Da notare che, in base alla definizione europea, tutte le imprese controllate per oltre il 25% da un organismo pubblico sono soggette a tale prescrizione, in quanto non vengono incluse fra le PMI, a prescindere dal numero di dipendenti e dai dati di bilancio.

Il recepimento italiano ha inoltre incluso nell’obbligo anche le imprese energivore, ossia quelle comprese nell’elenco delle imprese a forte consumo di energia pubblicato sul sito della Cassa conguaglio per il settore elettrico, che usufruiscono di agevolazioni sugli oneri di sistema della bolletta elettrica.

Le diagnosi andranno presentate per la seconda scadenza dell’obbligo entro dicembre 2019 attraverso il portale dell’ENEA, secondo le linee guida e le più recenti faq emanate dal Ministero dello sviluppo economico (MiSE). Per questa seconda scadenza vengono rafforzati i requisiti sul monitoraggio, per migliorare le informazioni raccolte e la loro attendibilità, a beneficio sia del legislatore, sia delle imprese coinvolte. In caso di mancato invio sono previste sanzioni da 4.000 a 40.000 euro, reiterabili nel caso in cui non si provveda entro sei mesi ad adempiere all’obbligo di legge. Sanzioni che sono state effettivamente comminate dopo la prima scadenza dell’obbligo nel 2015 alle imprese inadempienti.

Le imprese dotate di sistema di gestione dell’energia (ISO 50001), sistema di gestione ambientale (ISO 14001) o conformi al regolamento EMAS sarebbero esentate dall’obbligo quadriennale, purché abbiano implementato una diagnosi energetica conforme alle prescrizioni del D.Lgs. 102/2014. Nella pratica è però richiesto che provvedano all’invio di una diagnosi, per cui al momento il beneficio rimane sulla carta.

Relativamente alle modalità di conduzione delle diagnosi, le norme tecniche di riferimento sono quelle del pacchetto UNI CEI EN 16247, che coprono i diversi settori di utenza, cui si consiglia di fare riferimento. Sono comunque considerate valide anche le diagnosi realizzate in ottemperanza all’allegato 2 del D.Lgs. 102/2014. In sostanza la diagnosi prevede la raccolta dei dati di consumo globali a partire dalle bollette energetiche o dai contratti di servizio, l’individuazione delle varie aree funzionali di un’impresa e dei diversi processi e l’imputazione a ciascuna di esse dei relativi consumi energetici, una mappatura delle apparecchiature e degli impianti che consumano o producono/trasformano energia, l’individuazione dei principali indicatori di performance e il loro confronto con il mercato (laddove possibile) e la proposta di soluzioni migliorative, corredate da un’analisi economico-finanziaria. Si tratta di un’attività che può durare alcuni giorni, in funzione della dimensione dell’impresa.

La diagnosi non è necessario che sia eseguita su tutti i siti dell’impresa, ma che copra quelli significativi. Da questo punto di vista, oltre ad affidarsi a chi realizza la diagnosi e alla sua interpretazione delle norme, si può fare riferimento alla procedura di clusterizzazione descritta nelle linee guida del MiSE.

Secondo il D.Lgs. 102/2014 sono tre i soggetti che possono effettuare la diagnosi: EGE (esperto in gestione dell’energia, certificato secondo la norma UNI CEI 11339), ESCO (società di servizi energetici, certificata secondo la norma UNI CEI 11352) ed energy auditor (per il quale la norma di riferimento era in preparazione, ma sembra che il processo si sia arenato e dunque al momento questa opzione non è disponibile). L’EGE può essere un dipendente dell’impresa soggetta all’obbligo oppure un consulente esterno.

Secondo i dati forniti da ENEA, alla prima tornata dell’obbligo hanno partecipato 8.130 imprese – di cui 5.319 grandi imprese, 2.433 energivori (di cui 836 grandi imprese) e 163 imprese con ISO 50001 –per un totale di 15.154 siti diagnosticati. Attività manifatturiere, commercio all’ingrosso e al dettaglio e trasporto e magazzinaggio sono i tre settori ATECO con il maggio numero di diagnosi presentate.

Anche se si parla di un obbligo di legge,  il consiglio che mi sento di dare alle imprese è quello di non vedere la diagnosi come un adempimento burocratico quadriennale, ma come un’opportunità per migliorare la gestione energetica dell’impresa e di conseguire benefici crescenti nel tempo. Opportunità che i leader di mercato hanno già sfruttato nell’ambito delle politiche di crescita delle proprie imprese.