La partita si gioca sul piano dell’efficienza energetica

Sul mensile Impresa del Gruppo 24 Ore è stato pubblicato un articolo sull’energia e l’efficienza energetica in cui viene dato qualche spunto interessante ai manager in merito a obiettivi al 2020, rinnovabili ed uso razionale dell’energia. All’interno alcuni elementi tratti dal materiale da me fornito al giornalista Luigi Dell’Olio, che riporto di seguito insieme all’articolo, in quanto potenzialmente utile. I temi dell’efficienza energetica, dei trend e degli strumenti più efficaci per le imprese saranno ripresi nel tradizionale appuntamento FIRE Enermanagement il 1 dicembre a Milano.

Pubblicato su Impresa di novembre 2016.

Clicca per leggere l'articolo
Clicca sull’immagine per leggere l’articolo

Quali sono i trend emergenti nel mercato dell’energia, in ottica di utilizzo razionale della materia prima?

Negli ultimi anni si è indubbiamente andata diffondendo la consapevolezza che l’uso efficiente dell’energia rappresenta un’opportunità, se non un must, per le imprese. Si può dire che è il risultato di quattro fattori: le politiche comunitarie con le relative ricadute in termini di informazione, obblighi e incentivi, l’instabilità dei prezzi energetici unita ai rischi sugli approvvigionamenti, la diffusione e condivisione di buone pratiche e la liberalizzazione dei mercati energetici (che ha avuto come conseguenza l’installazione dei contatori orari e una maggiore conoscenza e attenzione in merito a elettricità e gas).

Secondo l’ultimo Rapporto annuale sull’efficienza energetica dell’Enea (Raee 2016) fra il 2011 e il 2015 sono stati risparmiati 5,0 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep) in energia finale, a fronte di un obiettivo al 2020 di 15,5 milioni di tep (figura 4). L’attuale andamento dei consumi mette a rischio il raggiungimento del target al 2020 (non in termini di consumi finali, ma di contributo dell’efficienza energetica alla loro riduzione). Rispetto a quanto avvenuto a livello europeo, l’Italia ha progressivamente perso la posizione di leadership che aveva (figure 1 e 2), pur rimanendo il secondo Paese al mondo secondo l’edizione 2016 del rapporto annuale Aceee “The International Energy Efficiency Scorecard” (http://aceee.org/portal/national-policy/international-scorecard).

impresafigura1
Figura 1. Fonte: Odyssee Mure.
Figura 2. Fonte: Odyssee Mure.
Figura 2. Fonte: Odyssee Mure.

Fra gli strumenti di incentivazione, nell’ultimo decennio detrazioni fiscali e certificati bianchi hanno contribuito in modo rilevante a supportare la crescita del mercato.  A tale risultato hanno contribuito in particolare i certificati bianchi (4,75 milioni di tep), le detrazioni fiscali per riqualificazione energetica e recupero edilizio (1,90 milioni di tep) e i requisiti minimi per l’edilizia (2,03 milioni di tep). Il contributo dei singoli settori è invece molto differente (figure 4 e 5): alle prestazioni soddisfacenti di residenziale e industria si contrappongono quelle limitate di trasporti e terziario.

Va comunque detto che non è facile conteggiare i risparmi energetici non collegati all’uso di schemi di incentivazione o politiche obbligatorie, in quanto le analisi per separarne l’effetto rispetto all’andamento della produzione, ai comportamenti e agli effetti demografici richiedono tempo e presentano margini di incertezza (figura 3). Quindi è importante considerare altri elementi in aggiunta ai dati statistici.

Figura 3. Fonte: Odyssee Mure.
Figura 3. Fonte: Odyssee Mure.

Fra gli strumenti che possono accelerare il processo di miglioramento dell’efficienza nell’uso delle risorse, collegandolo alla competitività, si può citare l’adozione di un sistema di gestione dell’energia (Iso 50001) da parte delle imprese. Se ben applicato, infatti, un tale sistema genera il coinvolgimento di tutti gli stakeholder aziendali sulle tematiche energetiche. Ciò consente nel giro di alcuni anni di comprendere in che modo l’efficienza energetica può essere più che un semplice risparmio sulla bolletta, valorizzando i benefici non energetici che ad essa si accompagnano (illustrati nel rapporto della Iea “Capturing the Multiple Benefits of Energy Efficiency” del 2014). La figura 6 mostra l’andamento nel tempo dei siti certificati nel nostro Paese. È un buon risultato, che potrebbe essere decisamente migliore se si adottassero meccanismi premianti come, ad esempio, in Germania e Francia (secondo i dati Iso e Accredia, ad esempio, la Germania aveva più di 6.390 siti certificati nel 2015, contro i 598 italiani).

Figura 4. Fonte: RAEE ENEA 2016.
Figura 4. Fonte: RAEE ENEA 2016.
Figura 5. Fonte: RAEE ENEA 2016.
Figura 5. Fonte: RAEE ENEA 2016.
Figura 6. Fonte: RAEE ENEA 2016.
Figura 6. Fonte: FIRE.

Un altro trend positivo, almeno per il settore privato, è quello dei soggetti che hanno provveduto annualmente alla nomina dell’energy manager, che la Fire gestisce per conto del Ministero dello sviluppo economico. La figura 7 illustra l’andamento nel tempo. In particolare sono cresciute le nomine dei soggetti non sottoposti all’obbligo della legge 10/1991 e quelle di industria, trasporti e terziario. La pubblica amministrazione è invece largamente deficitaria, con percentuali di adempienza minimi. Probabilmente un sintomo, più che una causa, delle difficoltà della P.A. di attivare azioni efficaci sul proprio patrimonio. L’energy manager è una figura fondamentale per promuovere e realizzare azioni di efficientamento energetico. Al di là dell’andamento delle nomine, comunque, un’indagine Fire svolta nel 2016 e sintetizzata nel “Rapporto 2016 sugli energy manager in Italia” (http://em.fire-italia.org/wp-content/uploads/2016/03/2016-03-rapporto-energy-manager.pdf) conferma che la figura dell’energy manager gode di un inquadramento e di una considerazione crescenti, aspetto che ne potenzia l’azione e dimostra la maggiore attenzione delle imprese al tema dell’energia.

Figura 7. Fonte: FIRE.
Figura 7. Fonte: FIRE.

L’ultimo dato positivo è rappresentato dalla crescita degli esperti in gestione dell’energia (Ege) e dalle Esco (società di servizi energetici) certificati rispettivamente secondo le norme Uni Cei 11339 e Uni Cei 11352. I primi sono saliti a oltre 1.400 in pochi anni (dato Accredia). Le seconde sono oltre 200 (dato Fire). Si tratta di attori fondamentali per facilitare lo sviluppo del mercato. L’efficienza energetica è infatti una materia complessa, che richiede figure preparate e competenti per cogliere al meglio le opportunità disponibili. Più di recente è stata introdotta in Italia anche la figura dell’esperto certificato Cmvp (oltre 60), un riconoscimento internazionale per consulenti in grado di mettere a punto piani attendibili di misura e verifica delle prestazioni degli interventi di efficientamento energetico. La misura dei risparmi energetici è infatti una materia complessa e articolata, ma fondamentale per promuovere il finanziamento tramite terzi e l’energy performance contracting (in quanto riduce i rischi di risultati non in linea con le attese e di contenziosi), ossia due strumenti essenziali per la riqualificazione del parco immobiliare pubblico, oltreché per i progetti nel settore privato.

Figura 8. Fonte: FIRE.
Figura 8. Fonte: FIRE.

Il calo dei prezzi petroliferi ha mutato le priorità degli investimenti?

Non siamo in grado di quantificare l’effetto, che senza dubbio ha influenzato diverse scelte: al diminuire del prezzo dell’energia il tempo di ritorno degli investimenti in efficienza energetica si allunga, e questo in alcuni casi può portare gli indicatori economici di scelta (pay-back, IRR, NPV) a valori non interessanti per l’impresa.

A parere di Fire occorre però fare alcune considerazioni. L’impatto è comunque diverso a seconda della tipologia di utente e del contratto di approvvigionamento in essere coi fornitori. Per le famiglie e le piccole imprese il prezzo finale dell’energia, benzina e gasolio a parte, non ha subito riduzioni consistenti, così come per chi ha stipulato contratti a prezzo fisso, mentre sui consumatori energivori con contratti indicizzati l’effetto sulle scelte di investimento in efficienza energetica si è manifestato in modo maggiore.

Il prezzo dei prodotti energetici tende a oscillare, senza rispetto delle analisi e degli scenari che sempre accompagnano tali variazioni, e dunque in fase di scelta di investimento può essere utile sfruttare la minore spesa rispetto al budget (per chi non ha contratti a prezzo fisso) per finanziare parzialmente gli interventi di efficienza energetica. Ciò si tradurrebbe in indicatori economici più interessanti e, soprattutto, in un vantaggio competitivo alla ripresa dei prezzi.

Ultimo aspetto, quanto detto prima vale per gli interventi di efficienza su componenti e servizi (e.g. motori, illuminazione, riscaldamento, etc.), meno per le imprese che hanno compreso il valore dell’uso efficiente dell’energia e delle altre risorse come fattore competitivo. L’accordo di Parigi sul clima dovrebbe far riflettere sull’esigenza di rivedere e modificare prodotti e servizi, ripensando la proposta di valore e la catena di valore delle imprese, e sull’opportunità di avere patrimoni immobiliari ad alta efficienza per chi gestisce il real estate. Sempre più avranno successo le aziende che sapranno essere efficienti nell’utilizzo delle risorse nei propri processi manifatturieri, in grado di ridurre l’impronta ambientale ed energetica delle materie adoperate per la produzione, e capaci di offrire ai propri clienti prodotti con bassi consumi e limitato impatto nell’impiego e nella dismissione.

Per alcune evidenze di casi di successo si possono citare le presentazioni della prima sessione della conferenza Fire Enermanagement del 2015 (http://www.enermanagement.it/category/atti-edizioni-precedenti-enermanagement/).