Il testo dell’intervista rilasciata a Qualenergia sul mercato dei TEE. Alcune considerazioni sull’andamento dei prezzi, sulla disponibilità di titoli e sul futuro dello schema.
Pubblicato su Qualenergia.
I prezzi alti registrati nelle ultime sessioni rischiano di far crescere i costi del meccanismo. Abbiamo parlato con Dario di Santo di Fire per capire a cosa sono dovuti e come potrebbe evolvere il mercato dei TEE, con uno sguardo a quel che ci si aspetta dalla prossima pubblicazione delle nuove linee guida.
Nelle ultime sessioni sul mercato dei Titoli di Efficienza Energetica, detti anche TEE o Certificati Bianchi, abbiamo visto picchi inediti, con valori anche superiori ai 200 euro per tep.
Una dinamica difficile da spiegare, specie dopo che il GSE ha affermato che quest’anno non ci saranno difficoltà a generare i titoli necessari per coprire la quota d’obbligo 2016, la quota d’obbligo stimabile 2017 e le compensazioni obbligatorie degli anni precedenti.
Sullo sfondo c’è la stretta del Gestore stesso nella valutazione dei progetti, con alti tassi di rigetti negli ultimi due anni.
All’orizzonte ci sono invece le nuove linee guida, che stando a quanto annunciato dal MiSE, dovrebbero essere pubblicate entro fine anno, con due anni di ritardo, visto che avrebbero dovuto essere emanate a novembre 2014.
Abbiamo chiesto cosa sta succedendo e cosa possiamo aspettarci a Dario Di Santo, presidente di Fire, la federazione italiana per l’uso efficiente dell’energia.
Ingegner Di Santo, nelle ultime sessioni di mercato dei TEE abbiamo visto picchi senza precedenti. Cosa sta succedendo?
Non è facile dare una risposta. Sicuramente nel trend che abbiamo visto quest’anno, da febbraio, si vedono gli effetti di un mercato corto, rispetto agli obiettivi complessivi. C’è cioè una certa preoccupazione sul fatto che sia possibile raggiungere i target ed evitare dunque le sanzioni.
Questo potrebbe giustificare quanto verificatosi fino ad ottobre, ma le impennate viste nelle sessioni di novembre restano più difficili da spiegare.
Infatti a settembre il GSE aveva pubblicato i dati sui titoli emessi e da quei dati ci si può aspettare che la copertura del 60% dell’obbligo ci sarà, coprendo anche l’obbligo residuo del 2014.
Dalle nostre valutazioni (vedi presentazione in allegato, ndr) si dovrebbe arrivare a 3,3-4 milioni di titoli, in aggiunta ai 4 milioni già disponibili al 4 novembre. Parliamo, dunque, complessivamente di 7,6-8,3 milioni di titoli: un volume ben superiore ai 6,3 milioni che è la somma del 60% dell’obbligo 2016 e del residuo 2014.
Tra i fattori che portano ad avere un mercato corto, molti citano l’approccio del GSE, che sarebbe eccessivamente restrittivo, minando l’efficacia stessa del meccanismo con alti tassi di rigetto delle domande. Cosa ne pensa?
Sull’approccio GSE in termini di valutazione di pratiche si è discusso tanto e non ha senso ritornarci su ora. È chiaro che è più restrittivo rispetto al precedente, anche perché occorreva risolvere alcune problematiche serie, e questo ha avuto degli effetti sul numero di pratiche accettate.
Altri fattori, come l’impossibilità di presentare progetti a posteriori, come avveniva in passato, e l’uscita dallo schema di alcuni interventi per la modifica dell’addizionalità in ragione dell’evoluzione del mercato, hanno comunque pesato sui risultati in misura maggiore.
Più che un problema di regole, penso però che ci sia stato un deficit di comunicazione e informazione. I dati sul 2015 e sul 2016 parlano da soli: l’anno scorso è stato rigettato il 41% delle 999 PPPM presentate; quest’anno, all’8 novembre, con 596 PPM presentate, è stato rigettato il 34% di quelle valutate, che sono circa la metà delle presentate.
Un meccanismo complesso come i TEE richiede una maggiore attenzione ai programmi di informazione e formazione, per facilitare sia l’attività del gestore, sia quella degli operatori, evitando perdite di produttività da entrambe le parti e concentrando l’attenzione su progetti presentabili.
Alla fine il meccanismo contribuirà meno di quello che si era pensato al raggiungimento degli obblighi nazionali sull’efficienza energetica al 2020. Di per sé questo non è un bene né un male: meglio uno schema efficace ed efficiente che uno che produce grandi risultati ma a un prezzo troppo caro, con successive ripercussioni negative per quel mercato che si vuole supportare.
La speranza ovviamente è che si arrivi a raggiungere gli obiettivi al 2020 grazie anche agli altri schemi e a una maggiore capacità del mercato di produrre risultati, sicuramente importanti, ma più difficili da contabilizzare.
Cosa possiamo aspettarci, in quanto a dinamiche di mercato, dalla prossima emanazione delle nuove linee guida?
Rivedendo al ribasso i target sui TEE, si dovrebbe entrare anche in una fase meno critica per il rapporto domanda/offerta di titoli. Detto questo, non è facile fare una valutazione ora, non essendo ancora chiari molti elementi delle nuove linee guida, a partire dai criteri per baseline e addizionalità, che influiranno molto sulla possibilità di presentare richieste per titoli in futuro.
E l’attesa stessa delle linee guida, che effetti sta avendo?
Quest’anno ci saranno più titoli dell’anno scorso. Ci sarà un tentativo di presentare richieste prima delle nuove linee. Con queste infatti sparirà il coefficiente tau e si allungherà la vita utile degli interventi, rendendo i progetti meno interessanti economicamente. Chi ha un progetto pronto e la possibilità di presentare una PPPM sicuramente vorrà procedere prima delle nuove linee guida.
Nel breve periodo l’effetto sarà presumibilmente quello di aumentare la disponibilità dei TEE. In seguito molto dipenderà dalla capacità del sistema di presentare progetti con le nuove regole.
Questo per quel che riguarda la presentazione delle richieste di titoli. Per quel che riguarda gli interventi ancora da realizzare, l’incertezza dovuta alla latitanza delle nuove linee sta invece agendo da freno?
Sì, può essere. Con le linee guida ci sarà una maggiore chiarezza su alcune regole. Verranno confermati alcuni elementi più ostici per gli
operatori rispetto al passato, ma se si troverà la giusta via il risultato finale sarà una maggiore qualificazione di operatori e progetti.
Quello che forse manca è una maggiore gradualità in certe decisioni. Ad esempio sarebbe utile che l’addizionalità fosse dimezzata per un certo periodo, ad esempio sei mesi, prima di essere azzerata: questo darebbe tempo agli operatori di adeguarsi e di non continuare a presentare progetti che non sono più addizionali. Baseline e addizionalità sono concetti ostici e tutt’altro che facili da gestire. Il dialogo fra le parti è la migliore arma per risolvere le controversie.
La guida operativa prevista dalle nuove linee guida sarà un passaggio fondamentale, giustamente pensato per dare risposta a questo tipo di problemi. Anche grazie a questo tipo di strumenti confido che si possa aprire una fase più tranquilla, in quanto a rapporto tra richieste presentate e risparmi riconosciuti. Insomma, dovrebbe scemare la confusione che abbiamo visto in questi ultimi tempi, testimoniata dalle alte percentuali di PPPM rifiutate.
Dobbiamo aspettarci ancora prezzi alti?
Sì, sicuramente possiamo aspettarci che i prezzi rimangano ancora alti, ma non ai livelli di queste ultime tre sessioni. Livelli che, ripeto, sono difficili da spiegare, visto che i dati GSE tranquillizzano sul fatto che si riuscirà a raggiungere tranquillamente il 60% degli obiettivi.
Il rischio per chi compra a questi prezzi è di ritrovarsi con uno scoperto nel momento in cui i prezzi caleranno, essendo il rimborso tariffario basato sul prezzo medio dei titoli, che è sui 140 €/tep, contro i 200 toccati dai prezzi. Devo ammettere che non sappiamo cosa ci sia dietro questi aumenti, probabilmente comportamenti speculativi.
Questa dinamica inoltre si riflette sul costo del meccanismo: se il prezzo medio dei certificati raddoppia, raddoppiano i costi a parità di risparmi energetico ottenuto. È chiaro che questa è una dinamica alla quale bisogna prestare attenzione.