L’andamento del mercato dei certificati bianchi nell’ultimo anno e dall’avvio del meccanismo in una sintesi scritta per la Staffetta Quotidiana.
Pubblicato su: www.staffettaonline.com.
Il mercato è un fondamentale dello schema dei certificati bianchi italiano, in quanto assolve a due funzioni importanti: associare una capacità incentivante a quello che fondamentalmente è uno schema d’obbligo in linea con l’articolo 7 della direttiva sull’efficienza energetica – fungendo così da stimolo a realizzare progetti di efficientamento energetico per il mercato delle ESCO e delle organizzazioni con energy manager o sistema di gestione dell’energia – e introdurre un grado di flessibilità per i distributori obbligati, consentendo loro di acquistare i TEE necessari per raggiungere i propri target invece che ottenerli in prima persona.
La crescita costante e scevra da particolari problematiche di tale mercato ha indubbiamente giocato un ruolo determinante nel successo dello schema dei TEE. D’altra parte la scadenza per la presentazione dei titoli del 31 maggio 2015, relativa all’anno d’obbligo 2014, segnerà per il mercato la chiusura del decimo anno di contrattazioni. Una data importante, dunque, per un mercato caratterizzato da fasi molto diverse. In attesa di arrivarci, dal momento che il GME ha appena pubblicato il rapporto sull’andamento del mercato dei titoli di efficienza energetica (TEE) nel secondo semestre 2014, può essere interessante fare qualche valutazione sul tema.
La figura 1 mostra l’andamento dei prezzi nel 2014 sulla piattaforma di scambio spot. Si notano il picco di prezzi manifestatosi fra metà febbraio e fine marzo, il valore costante da aprile ad agosto, il calo tendenziale da settembre a dicembre. Quest’ultimo è un fenomeno tendenzialmente ricorrente nella seconda metà dell’anno, dovuto al calo della domanda (testimoniato anche dal minore numero di acquirenti attivi – dai 59 del primo semestre del 2014 ai 47 del secondo – e dalle quantità movimentate – da 6,1 a 5,6 milioni di titoli) in attesa di riavvicinarsi alla scadenza del 31 maggio. Più interessante il picco, difficilmente spiegabile in ragione della disponibilità dei TEE a inizio anno e probabilmente legato a fenomeni speculativi (se così fosse non troppo riusciti in considerazione della limitata durata dello stesso) o a errate valutazioni da parte degli operatori. La volatilità, a parte il periodo del picco, è risultata molto contenuta, a vantaggio della capacità dello schema di fungere da incentivo per la realizzazione di progetti e di risultare di interesse per le banche.
Sul fronte delle transazioni bilaterali – che nel secondo semestre sono salite al 70% del totale delle contrattazioni, al netto degli scambi infragruppo, rispetto al 62% del primo semestre –, il prezzo medio è stato di 105 euro al netto degli scambi a prezzo zero, contro i 106 euro del mercato spot.
In termini di caratteristiche di domanda e offerta, la prima presenta una riduzione della concentrazione per i primi dieci operatori, passata dal 79% al 74%, mentre la seconda vede un leggero aumento per i primi dieci venditori (42% a fronte del 40% del primo semestre). Le variazioni non presentano apparentemente significati particolari, mentre permane ovviamente la maggiore concentrazione lato domanda, in virtù delle differenze fra i soggetti obbligati (tendenzialmente costanti in numero), rispetto a quelli volontari (in crescita costante, anche se le modifiche alle procedure di valutazione, l’avvio delle verifiche sul campo e l’obbligo di certificazione UNI CEI 11352 per le ESCO e UNI CEI 11339 per gli energy manager a partire da luglio 2016 potrebbero portare nel tempo a un’inversione di tendenza).
Può essere interessante aprire una finestra temporale più ampia, per vedere i trend dall’avvio dello schema dei TEE. La figura 2 illustra l’andamento dei prezzi sul mercato spot. Nei dieci anni si notano diverse fasi. La prima è stata caratterizzata dall’eccesso di offerta e dalla conseguente caduta dei prezzi dei titoli di tipo I (ossia collegati ai risparmi elettrici – allora i distributori avevano l’obbligo anche di presentare almeno il 50% di TEE del vettore da essi distribuito, il che giustifica le differenze di prezzo in funzione delle tipologie). Se il mercato fosse andato avanti così gli operatori non avrebbero avuto alcune garanzie sui cash flow legati ai certificati e non si sarebbero verificati gli effetti positivi innescati dal rialzo degli obiettivi introdotto col D.M. 21 dicembre 2007.
La seconda fase, che è durata dal 2008 al 2010, ha visto un carenza di titoli sul mercato consistente, causata dal duplice effetto dell’incremento dei target (figura 3) e dell’uscita dal mercato di lampade fluorescenti compatte e rompigetto aerati. I prezzi sul mercato sono cresciuti in modo continuativo, ponendo i distributori sotto stress a causa del superamento del valore del rimborso tariffario. Da notare (figura 4) che i progetti a consuntivo già nel 2008 avevano iniziato una crescita strutturale in termini di risparmi generati (curva tratteggiata arancione) che ha consentito allo schema di raggiungere i risultati attuali. L’introduzione del tau, più che incidere sul trend di aumento dei risparmi collegati ai progetti a consuntivo, ha prodotto un incremento delle richieste di PPPM di dimensioni medio piccole, oltre ovviamente ad aumentare i certificati sul mercato per i progetti esistenti (come mostra l’aumento di pendenza della curva arancione continua nel 2012).
La terza fase è relativa al periodo 2011-2012, in cui lo schema ha funzionato con target basati sui risparmi annui e titoli che misurano anche quelli futuri (un po’ come confrontare mele con pere). A prescindere da questo paradosso, i prezzi hanno mostrato una certa stabilità, con una variazione del prezzo medio ponderato sul mercato spot di un solo euro fra 2011 e 2012.
Nel 2013 gli obiettivi sono stati corretti al ribasso per tenere conto dell’incapacità del sistema di raggiungere i target fissati nel 2007 e della presenza del tau e nel biennio 2013-2014 si è avuta una situazione di tendenziale equilibrio, con una crescita legata più all’effetto delle nuove regole sul rimborso tariffario (che ora tengono conto del prezzo medio del mercato nell’anno precedente) e alla mancata comprensione iniziale da parte di alcuni operatori delle nuove regole, che non alla carenza di titoli (che anzi nel 2014 hanno consentito di recuperare il buco accumulato negli anni precedenti).
Nel 2015 il prezzo ha ripreso a salire, come usuale nei mesi prossimi alla scadenza del 31 maggio, e nell’ultima sessione ha recuperato la perdita avvenuta negli ultimi mesi del 2014. Interessante notare che ad oggi mancano circa 1,8 milioni di titoli per arrivare a coprire il target (che dunque dovrebbe essere raggiungibile senza troppi problemi). La soglia sopra alla quale si applicano le sanzioni è del resto già stata superata (secondo i dati aggiornati comunicati dal GME al 6 febbraio risultavano disponibili circa 6 milioni di TEE su 32,8 milioni rilasciati dall’avvio dello schema).
Per finire, la figura 3, oltre a mostrare la copertura degli obiettivi, mostra la stima indicativa dei titoli che dovrebbero esserci sul mercato in ragione dei progetti già presentati e che non hanno ancora completato il ciclo dei cinque anni. Si tratta di indicazioni da prendere con le dovute cautele, ma tendenzialmente ci si può attendere qualche possibile difficoltà sul raggiungimento del target per il 2016, in ragione dell’uscita di scena di circa 2 milioni di titoli. Altri elementi che potranno incidere sull’andamento del mercato sono i grandi progetti, la maggiore conoscenza del meccanismo che potrebbe favorire la presentazione di nuovi progetti e, sul fronte avverso, gli esiti dell’avvio delle verifiche ispettive da parte del GSE. Rimane poi l’incognita delle nuove linee guida, attese fra qualche settimana. Di questi temi, così come degli altri elementi legati allo schema dei certificati bianchi, si parlerà alla conferenza annuale FIRE ad accesso gratuito “Certificati bianchi: titoli di efficienza a portata di mano” che si terrà a Roma il 19 e 20 marzo (www.certificati-bianchi.com).