Il decreto “Smartizza-Italia”

Sarà difficile migliorare la competitività del Paese finché non si scriveranno leggi chiare e si adotteranno testi integrati. Potrà anche non essere facile, ma si può fare, come dimostra l’esperienza dell’AEEGSI. Del resto, come diceva Einstein “Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare fino a quando arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa”.

Pubblicato su Quotidiano Energia.

Si parla spesso dell’opportunità di attrarre gli investitori esteri a impegnare risorse in questo Paese. Una possibilità complicata dalla mancanza di orizzonti di lungo periodo, che porta a un continuo cambio delle regole, ponendo un freno ai prestiti di denaro e, soprattutto, aumentandone il costo.

Il problema non è nuovo, la crisi l’ha solo fatto emergere in tutta la sua negatività. Si può decidere di conviverci come si è sempre fatto, consapevoli però che nell’attuale congiuntura il rischio è di attrarre a breve nel Paese non investitori, ma acquirenti a prezzi di saldo.

Quindi fa bene il Governo a cercare di cambiare le regole che ritiene inappropriate. Sbaglia, a mio parere, a cercare di farlo ricorrendo sistematicamente al peggiore strumento partorito distorcendo le indicazioni della Costituzione: il decreto legge onnicomprensivo.

Anche ammettendo che le condizioni di emergenza in cui viviamo giustifichino un utilizzo dei D.L. superiore alle previsioni costituzionali (addirittura usato, in campo energetico, per il recepimento della direttiva 2010/31/UE), si potrebbe almeno cercare di usarlo bene. Basterebbero due criteri – trattare un solo tema per ogni decreto legge e farlo in un’ottica di testo integrato – purtroppo del tutto disattesi.

Anzi, nel tempo la situazione è peggiorata. Ormai non solo si abusa di modifiche di commi di altri decreti, ma si scrivono leggi che prevedono l’entrata in vigore o l’abrogazione di alcuni articoli o commi “dall’emanazione di uno o più decreti” da parte del ministero competente (nel nostro caso è in genere quello dello sviluppo economico), che vengono modificati da altri decreti legge o leggi prima ancora che escano i decreti ministeriali e che rendono insufficiente persino il portale normattiva.it, creato per offrire ai cittadini le leggi aggiornate e integrate con le modifiche successive.

Un caso emblematico di follia legislativa si è avuto con l’applicazione delle direttive sulle prestazioni energetiche degli edifici. Il quadro di riferimento è fissato (si fa per dire) dal D.Lgs. 192/2005, che si porta dietro le modifiche intervenute in seguito al D.Lgs. 311/2006, al D.L. 112/2008, alla legge 99/2009, al D.Lgs. 56/2010, al D.Lgs. 28/2011, al D.L. 63/2013, al D.L. 145/2013, alla legge 147/2013, al D.L. 91/2014 e al D.Lgs. 175/2014 (per tacere dei provvedimenti attuativi – ossia il D.M. 26 giugno 2009, il D.P.R. 59/2009, il D.P.R. 75/2013 –, delle lettere ministeriali di chiarimento, delle norme UNI/TS 11300 e dei decreti attuativi che ancora mancano).

Il risultato è che nessuno ci capisce nulla e in nome dell’incertezza tutti chiedono di tutto e di più. Ma alla fine si è perso del tutto di vista il significato delle direttive e ci troviamo in una situazione decisamente peggiore rispetto a dieci anni fa, quando il riferimento erano la legge 10/1991 e il D.P.R. 412/1993. Almeno ai quei tempi chi lo desiderava era in grado di rispettare la normativa…
Di esempi se ne potrebbero fare tanti altri. È un problema, perché niente mette in discussione il diritto più di quanto non facciano successioni di provvedimenti non strutturati e talvolta contrastanti. Come si può chiedere al mercato di crescere e qualificarsi, come si può pretendere che le amministrazioni pubbliche applichino correttamente le leggi in termini di autorizzazioni e verifiche e come si può pensare che ci siano investitori pronti a immettere risorse nel nostro mercato se nessuno è in grado di capire quali sono le regole in vigore?

Così si alimentano solo incertezze, ritardi, corruzione, corsi e ricorsi infiniti e ingiustizia nei processi di ogni ordine e grado. In altre parole si alimenta la perdita di produttività che caratterizza il Paese e che gli impedisce di risollevarsi dalla crisi.

Alcuni diranno: è sempre stato così, quindi è inutile parlarne. E invece no. Non siamo qui per tenerci il peggio, siamo qui per migliorare il sistema. Chi vieta di cominciare a scrivere bene i decreti? Si avrebbero solo vantaggi e si aiuterebbero tutti gli stakeholder (anche istituzionali) a operare meglio e a dedicare più risorse al core business. Se la perfezione è utopica, si potrebbe almeno cominciare col porre due paletti: scrivere solo decreti tematici e abolire l’usanza di parlare di modifiche di commi precedenti, ragionando su articolati che consentano a tutti di comprendere le modifiche introdotte (compreso chi è chiamato a proporre emendamenti nelle fasi di gestazione dei provvedimenti). Nel tempo si può arrivare a lavorare su testi integrati.

Impossibile? L’Autorità per l’energia l’ha fatto negli scorsi anni. E indubbiamente ha semplificato la vita agli operatori, al di là della complessità intrinseca delle regole di mercato.

Lungo da realizzare? Beh, meglio perdere qualche mese (o anche qualche anno) a fare chiarezza e semplificare veramente, che continuare a emanare decreti incomprensibili e inattuabili a getto continuo.

Come diceva Mark Twain: “Il segreto per andare avanti è iniziare”.

Addendum per scherzarci su…

Schema di decreto “Smartizza-Italia”.

Articolo 1.

Il Legislatore non emanerà nuove leggi finché non avrà diviso per testi integrati i provvedimenti in vigore e abrogato tutti i provvedimenti inutili.

Articolo 2.

Il legislatore lascerà che i dettagli tecnici siano decisi da decreti ministeriali o, preferibilmente laddove possibile, dagli strumenti di regolazione e qualificazione del mercato.

Articolo 3.

Le regole emanate saranno sottoposte a controlli sul campo invece di ricorrere a un controllo documentale ipertrofico.