Di seguito l’intervista rilasciata per la rivista Cuoreeconomico in cui affronto i temi della gestione dell’energia, dei certificati bianchi e degli energy manager. Buona lettura!
Quale ruolo può rivestire la gestione dell’energia nella risposta all’attuale crisi energetica in atto? Come va declinato al meglio per promuovere la competitività delle imprese? Le aziende hanno compreso l’importanza di questi temi?
Se l’energia costa molto, ridurne la domanda tramite l’efficienza energetica, l’adozione di fonti rinnovabili e la cogenerazione (produzione combinata di elettricità e calore/freddo) non può che essere la migliore soluzione. L’unica strutturale e in grado di offrire garanzie sui costi di approvvigionamento nel medio lungo periodo. Non a caso nei nostri recenti eventi, ad esempio nell’ambito della presentazione del rapporto annuale FIRE sugli energy manager, abbiamo mostrato esempi di imprese ed enti che hanno affrontato questa fase di crisi decisamente meglio grazie agli interventi avviati negli ultimi anni.
Peraltro un aumento dei prezzi dell’energia nel tempo era prevedibile, e in FIRE avevamo più volte messo in guardia le imprese, per una serie di motivi: siamo diventati 8 miliardi di persone su un Pianeta già spremuto oltre le capacità di rinnovare le proprie risorse, affrontiamo una crisi climatica senza precedenti, che richiede una radicale trasformazione energetica (e dunque di prodotti e servizi, modelli di business e stili di vita), e abbiamo necessità di creare un sistema economico e sociale più equo e sostenibile. L’unica risposta, anche negli scenari dell’Agenzia internazionale dell’energia, è l’uso razionale dell’energia.
Per muovere i primi passi nella gestione dell’energia gli strumenti più adatti sono una diagnosi energetica realizzata da un energy auditor o un esperto in gestione dell’energia (EGE) e l’adozione di un sistema di monitoraggio dei consumi energetici. Le microimprese possono rivolgersi ad esperti di settore per ottenere consigli. Per strutturare e mantenere nel tempo un’azione efficace di energy management lo strumento migliore è invece il sistema di gestione dell’energia, certificabile secondo la norma ISO 50001. Esso consente di mettere a fattore comune una strategia aziendale improntata all’uso efficiente dell’energia con un piano di azione definito nell’ottica del miglioramento continuo.
Se implementato correttamente, un sistema di gestione dell’energia consente inoltre di coinvolgere tutte le funzioni aziendali e i dipendenti nell’energy management, favorendo una trasformazione dell’organizzazione che più facilmente può portare a collegare core business ed energia, generando competitività di medio-lungo periodo e non solo risparmi energetici. Di recente sono state tra l’altro introdotte due nuove norme in grado di ampliare l’ambito di applicazione dei sistemi di gestione dell’energia: la ISO 50005, che consente alle PMI e alle amministrazioni medio-piccole di adottare un sistema di questo genere per passi successivi in funzione delle proprie capacità ed esigenze, e la ISO 50009, pensata per un’applicazione a livello di distretto, area territoriale o filiera.
Sono temi ed opportunità che le aziende leader di mercato e la maggior parte dei grandi energivori, ossia delle imprese con un forte impatto dei costi energetici sui costi di produzione, hanno compreso da tempo. C’è invece ancora un enorme spazio di azione, con molteplici interventi caratterizzati da tempi di ritorno brevissimi, per le PMI e le amministrazioni pubbliche.
Qual è l’importanza dei certificati bianchi nel percorso di transizione energetica? Avete recentemente parlato di una nuova stagione di questi strumenti, può darci qualche dettaglio in più?
I certificati bianchi sono lo schema di incentivazione presente sulla scena da maggior tempo: introdotti nel 2001 e avviati effettivamente nel 2005. Le caratteristiche che rendono il meccanismo molto interessante sono tre:
- la capacità di promuovere interventi in tutti i settori, per quanto nel tempo l’industria sia diventato quello principale;
- la misura effettiva dei risparmi energetici generati nel corso degli anni dai singoli progetti (unica politica a farlo, visto che negli altri schemi, come l’ecobonus e il superbonus le prestazioni sono solo stimate e non verificate a posteriori);
- la richiesta di molti dati e informazioni sulle misure di efficientamento energetico realizzate, elemento che fornisce indicazioni utili sulle tendenze settoriali e consente di meglio orientare le varie politiche mirate all’efficienza energetica.
Lo schema si caratterizza inoltre per un ottimo costo efficacia, in termini di euro spesi per tep risparmiato, rispetto alle altre politiche vigenti.
Nel corso degli anni i certificati bianchi hanno vissuto fasi caratterizzate da prestazioni altalenanti, producendo comunque per diversi anni la quota maggiore di risparmi energetici collegati a politiche per l’efficienza energetica. I risparmi cumulati associati al meccanismo sono superiori ai 30 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep). Negli anni fra il 2009 e il 2014 lo schema ha prodotto oltre 2,5 Mtep per anno. In seguito a una serie di modifiche legislative, in particolare dal 2017, l’adozione di regole estremamente stringenti e severe nella valutazione dei risparmi ha decisamente ridotto questa capacità, che negli ultimi anni si è drasticamente ridotta, raggiungendo nel 2021 un valore nell’ordine dei 0,4 Mtep.
L’ultimo decreto ministeriale pubblicato il 21 maggio 2021 con lo scopo di rilanciare il meccanismo, comunque, è riuscito a invertire la tendenza, visto che già a fine novembre 2022 i risparmi certificati avevano superato i 0,7 Mtep. Siamo lontani dai fasti del passato, ma il segnale è positivo in quanto occorre tenere conto delle regole molto diverse. Certo si può fare di più, investendo nel dialogo con gli operatori e nella semplificazione della misura e verifica dei risparmi energetici per i progetti di piccola taglia. Si è inoltre in attesa del nuovo decreto sulle aste per l’efficienza energetica, collegate allo schema dei TEE, che potrebbe consentire di promuovere interventi complessi e costosi da un lato (aumentando il contributo erogato), e misure di piccola taglia e replicabili dall’altro (semplificando le regole di accesso all’incentivo).
In questo momento i prezzi alti dell’energia sono il migliore incentivo per investire in efficienza energetica, ma nel prossimo futuro avere degli schemi di supporto efficienti ed efficaci può essere molto utile in ragione degli obiettivi molto ambiziosi che abbiamo davanti, non scordandoci che più si sviluppa il settore, più si crea lavoro e si promuove l’industria di settore con benefici per tutto il sistema.
A fine novembre avete diffuso i dati sulle nomine degli energy manager. Qual è il quadro emerso? È stata compresa l’importanza di questa figura professionale? In quali ambiti è più richiesto in quali invece i dati sono ancora bassi?
Per realizzare la transizione energetica servono persone, e gli energy manager sono fra i soggetti necessari a tal fine. Questo basta ad affermare che è una figura fondamentale in quest’epoca. Quanto detto in risposta alla prima domanda, peraltro, conferma che le imprese che si sono dotate di un valido energy manager e gli hanno consentito di agire in modo opportuno sono state ampiamente ripagate da questa scelta. Nel 2021 contavamo 2.419 nomine di energy manager, di cui 1.606 da parte di soggetti obbligati.
In generale il quadro delle nomine è positivo, soprattutto perché diversi elementi confermano che gli energy manager selezionati dalle imprese e dagli enti sono sempre più qualificati (lo dimostra il dato sulle certificazioni come esperto in gestione dell’energia – EGE – in crescita continua e giunti a circa il 70% dei nominati per i consulenti terzi) e inquadrati in un contesto positivo (crescita delle certificazioni ISO 50001, incrementate di un 8% rispetto all’anno precedente).
Complessivamente nel 2021 si è verificata una riduzione delle nomine complessive rispetto al 2020, dopo anni di continua crescita, ma la ragione è presumibilmente legata alla riduzione dei consumi energetici legati alla pandemia (le nomine sono obbligatorie oltre una certa soglia di consumi energetici annui e i dati di considerati in questo caso sono quelli del 2020). Ci aspettiamo dunque una ripresa nel 2022 e, ancor più, nel 2023.
Fra i dati negativi si registra il dato sulla pubblica amministrazione, che continua a mostrare un nomino di energy manager decisamente più basso delle aspettative. Nel rapporto sono disponibili i dati impietosi sul numero di regioni, province, enti locali e amministrazioni centrali che hanno adempiuto la legge: stimiamo che gli inadempienti siano nell’ordine dei 4 enti su 5 enti. Chiaramente il problema non è tanto la mancata nomina in sé, quanto il sintomo di un disinteresse della P.A. verso il tema dell’efficienza energetica e della produzione di energia da rinnovabili e cogenerazione. Confidiamo dunque che nei prossimi anni questa situazione possa essere superata.
Segnaliamo a tale proposito l’esperienza della Regione Siciliana che, collegando i fondi collegati all’adozione dei PAESC per i comuni alla nomina di un energy manager, è riuscita ad ottenere un deciso aumento delle nomine, tanto che nel 2021 presentava 54 energy manager nella pubblica amministrazione, con la seconda Regione, il Veneto, che segue con 25. Anche la Lombardia ha avviato nel 2022 un interessante programma (NEW – nuova energia per il welfare) per promuovere l’uso razionale dell’energia e gli energy manager, che confidiamo possa portare a risultati positivi nei prossimi anni. Chiudo con un ultimo elemento. Gli energy manager donna sono in aumento, per quanto siano solo l’8% del totale, e questa è una buona notizia. Può sembrare un numero molto basso, ma va considerato che le branche dell’ingegneria da cui proviene la maggiore parte dei nominati in passato vedevano una presenza femminile davvero bassa. Dispiace constatare, d’altra parte, che anche in questo ambito l’inquadramento riservato alle donne è inferiore a quello di cui godono gli uomini: ad esempio solo il 14% è dirigente o amministratore, contro il 30% degli uomini. Anche questo è un fronte su cui speriamo di vedere un miglioramento nel futuro.