Energia e politica

L’articolo scritto per la newsletter FIRE su energia e politica, un tema rilevante visto la prossima scadenza elettorale. Purtroppo l’efficienza energetica è alquanto negletta nei programmi della maggior parte delle forze politiche. Si parla invece tanto, ma con poca visione, del tema forniture e anche più, e non si capisce il perché, di opzioni futuribili e piuttosto improbabili come il nucleare. Continuando così non solo non risolveremo il problema del caro energia, ma la situazione peggiorerà stretta fra i cambiamenti climatici, quelli geopolitici e gli interessi di chi non vuole la transizione energetica. Buona lettura.

P.S. Di seguito nell’articolo ho aggiunto il link all’analisi sulla parte energetica e ambientale dei programmi politici fatta da Gabanelli per Data Room del Corriere della Sera e dal think tank Ecco.

Quando, un anno fa circa, è iniziata la rincorsa dei prezzi energetici trainata dal gas naturale, avevamo evidenziato per l’ennesima volta l’importanza di spingere sull’efficienza energetica come risposta strutturale, per quanto parziale, al problema. Spiace vedere che in un anno di efficienza energetica si sia parlato poco o niente. 

L’impegno maggiore è stato infatti profuso, a livello europeo e nazionale, nella ricerca di fornitori alternativi di gas naturale e nell’introdurre misure di compensazione o calmieramento per imprese e famiglie. Uno sforzo ovviamente auspicabile, ma che non agisce alla radice dei problemi. Ad esempio, non è all’ordine del giorno un intervento sul funzionamento dell’hub olandese TTF di compravendita del gas, che sarebbe forse la soluzione più logica, ma che si scontra con gli interessi di una serie di soggetti. Le nuove proposte della Commissione europea spingono per ridurre la domanda elettrica nelle ore di picco e trasferire una quota degli extra profitti di una parte delle imprese energetiche verso imprese e famiglie in difficoltà, mentre si continua a parlare di un possibile, ma difficile, tetto al prezzo del gas. Si potrebbe fare di più, gli interessi di singoli Paesi e di alcune lobby continuano però a pesare di più della solidarietà e del benessere collettivo. 

Sulle fonti rinnovabili sono state introdotte semplificazioni a livello nazionale e proposti obiettivi ancora più forti a livello europeo. Le problematiche autorizzative per gli impianti grandi e l’aumento della domanda di impianti a livello europeo rallentano d’altra parte la crescita di eolico e fotovoltaico. Per raggiungere gli obiettivi occorre cambiare marcia nell’azione di promozione e diffusione delle soluzioni che sfruttano le risorse rinnovabili, in grado di rispondere contestualmente alla necessità di decarbonizzare l’economia, alla diminuzione della dipendenza dall’estero (quella tecnologica, per quanto da cercare di ridurre, non è comparabile con quella di approvvigionamento delle fonti) e alla riduzione dei costi energetici.

Sulla riduzione della domanda e sull’efficienza energetica, come detto all’inizio, è invece stato fatto poco o nulla. Eppure, di logica sarebbe la prima questione da affrontare, perché se non si agisce sui consumi gli obiettivi di decarbonizzazione diventano irraggiungibili e anche l’azione di contrasto all’aumento del prezzo dell’energia si indebolisce. Al Ministero della transizione ecologica, però, i dossier sulle aste per i certificati bianchi, sul conto termico e sul fondo nazionale efficienza energetica sono rimasti accantonati. L’unica misura di cui si sia ampiamente parlato è il superbonus, che però non è al momento una politica per l’efficienza energetica (basta vedere i risultati che portano a un costo/efficacia pari a circa il doppio del ecobonus classico). Sarebbe fondamentale che lo diventasse in futuro, promuovendo solo interventi ad alto tasso di decarbonizzazione e risparmio energetico (come proposto in collaborazione con il Coordinamento Free oltre un anno fa). Nessuno, né a livello europeo né italiano, si è inoltre preoccupato di rafforzare le filiere delle tecnologie legate all’uso razionale dell’energia, sulla cui disponibilità si giocherà buona parte della nostra capacità di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.

In compenso sono usciti il Piano di contenimento dei consumi da parte del MiTE e un elenco di dieci azioni per il risparmio energetico da parte del Ministero della pubblica amministrazione. Il secondo è quasi imbarazzante e nemmeno menziona la figura dell’energy manager. Il primo, oltre alle restrizioni sul riscaldamento, spinge su una serie di cambiamenti comportamentali basici (dall’uso degli elettrodomestici allo stand-by). Tutte misure condivisibili, ma più da canovaccio per una campagna informativa – peraltro necessaria per sperare che le persone seguano i suggerimenti del piano – che non da piano ministeriale. 

Si conferma insomma che il principio “energy efficiency first” rimane largamente disatteso. Il che è un problema, perché risulta fondamentale per tradurre in pratica il potenziale di riduzione della domanda collegato alle varie forme di uso razionale dell’energia. Quel che più preoccupa è la forte disattenzione di una parte delle forze politiche su efficienza energetica e fonti rinnovabili (leggi le analisi di Data Room e di Ecco), che rimangono il cardine di ogni scenario credibile di decarbonizzazione e transizione energetica dell’Agenzia internazionale dell’energia, delle valutazioni di impatto della Commissione europea e dei principali think tank di settore. 

Quelle stesse forze politiche che si concentrano troppo sulle forniture di gas – il rischio è che si finisca per cercare di risolvere un problema con ciò che l’ha causato, senza ragionare molto sulle conseguenze di medio lungo periodo di certe scelte geopolitiche ed economiche – e su temi futuribili come il nucleare. Che la politica parli di quest’ultimo con centri di ricerca e grandi imprese è del tutto logico, che ne faccia un argomento elettorale tenendo conto delle tempistiche necessarie e dello stato attuale della tecnologia è ridicolo; perché allora non parlare di come comunicheremo, ci cureremo, cucineremo, ci sposteremo, etc. dopo il 2030 (temi senza dubbio di maggiore interesse per la cittadinanza)? 

Se si fossero gestite meglio le politiche sulle rinnovabili e l’efficienza energetica negli ultimi venti anni oggi affronteremmo la crisi energetica con maggiore serenità. Continuare a insistere nell’errore di visione rispetto alla necessità di decarbonizzazione e a tutti i piani ad essa correlati, peraltro espressi con molta chiarezza nell’enciclica Laudato sii, è pura follia. Che l’Europa continui a operare come un’assemblea condominiale, invece che come un’unione, è una sconfitta che ci espone a un indebolimento progressivo sul piano mondiale. Infine, non possiamo affrontare cambiamenti così rilevanti senza le persone necessarie: energy manager, progettisti, installatori, venditori, etc. Ma non bastano gli esperti e gli specialisti, che rischiano di rimanere armi scariche: occorre che le amministrazioni e le imprese introducano e gestiscano correttamente progetti formativi e criteri di responsabilità e merito che spingano il proprio personale dirigente nella giusta direzione. FIRE in questo può essere d’aiuto con l’ampia offerta formativa e con azioni di supporto mirate.

Le crisi servono per meditare sui propri sbagli e individuare nuove strade. La fantasia e la capacità di riuscirci non ci manca. Ma dobbiamo ascoltarci, parlare, collaborare, ossia il contrario di quello che stiamo facendo. La vera sfida, non solo per l’energia, è tutta qui.

P.S. In aggiunta all’articolo pubblicato sulla newsletter FIRE, mi sento di condividere che non mi rallegra il fatto che lo schieramento politico più accreditato della vittoria elettorale sia anche il più disattento alle tematiche energetiche ed ambientali e quello più incline a parlare di utopie invece che di soluzioni concrete.
Ovviamente non si sceglie un partito solo per le questioni trattate in questo blog, ma la mancanza di visione di una parte importante della politica italiana su un argomento sempre più cruciale, come mostrano i tanti eventi estremi che si susseguono e le relative conseguenze attese nel tempo (pensate all’agricoltura e all’industria alimentare, due capisaldi dell’economia italiana) è davvero preoccupante. Di seguito la sintesi grafica dell’attenzione all’ambiente da parte delle parti politiche secondo Data Room
Credo stia anche a noi cambiare questa situazione e stimolare tutte le parti politiche ad occuparsi in modo adeguato di energia e ambiente.

Fonte: Data Room, Corriere della Sera, 18 settembre 2022.