L’intervista rilasciata a e7, il settimanale di Quotidiano energia sull’efficienza energetica alla luce del recepimento della direttiva europea e del D.L. 91/2014 sul contenimento della spesa energetica.
Pubblicato su: http://e7.quotidianoenergia.it/e7/e7del20140709/
Partiamo con una nota positiva. Questo decreto ha il merito di creare un quadro completo dell’efficienza energetica, che concettualmente aiuta ancor di più a mettere in evidenza questo settore giovando al mercato, in generale, e alla diagnosi energetica, in particolare.
Il provvedimento, però, qui si ferma. Al di là dei limiti intrinsechi della direttiva recepita (troppo pervasiva e ingombrante nel richiedere una grande mole di dati e nell’introdurre procedure troppo inutilmente complesse) al Governo è mancato il coraggio di andare oltre.
Il nostro è un Paese povero di risorse e non è un caso che la Sen, riconoscendo questo limite, ponga l’efficienza, la cogenerazione ad alto rendimento e le rinnovabili come pilastro per la politica energetica nazionale. L’efficienza non può essere solo un proposito scritto sulla carta, ma deve essere realizzata attraverso azioni concrete, anche legislative. Invece i decreti attuativi che la riguardano sono sempre gli ultimi a essere emanati.
L’impressione è che l’efficienza non rappresenti una priorità politica per il Governo, che ha dimostrato di essere più impegnato a creare risibili sconti in bolletta a danno della stabilità del mercato. Il decreto competitività, colpendo rinnovabili e SEU, va infatti nella direzione opposta alla SEN, con misure che creano incertezza e non favoriscono uno sviluppo armonico della generazione distribuita. Anche se l’intento è lodevole e non si dubita della buona fede del Governo, il risultato è quello di aggiungere danno ai danni dell’ultimo quindicennio (non solo sulle rinnovabili).
Lo stesso recepimento della direttiva si scontra con alcune incongruenze legate ad altri provvedimenti o al mercato.
All’art. 9 del testo entrato in Cdm, si introduce l’obbligo di installazione di contatori individuali per ciascuna unità immobiliare laddove il condominio sia rifornito da una fonte di riscaldamento o raffreddamento centralizzata. Il problema è che la recente riforma del condominio (l. 11 dicembre 2012 n. 220 “Modifica alla disciplina del condominio negli edifici”) introduce un comma all’art. 118 del Codice Civile che dà la possibilità al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, a condizione che dal suo distacco non derivino squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.
Queste discrasie normative lasciano spazio ad elementi di confusione che sono destabilizzanti per il mercato.
Sempre nell’art. 9 si legge che la fatturazione deve avvenire sulla base del consumo effettivo almeno con cadenza annuale e che le informazioni sulla fatturazione devono essere rese disponibili almeno ogni bimestre. L’autolettura, prosegue l’articolo, è consentita solo nel caso di utenze prive di contatori elettronici.
Nell’era degli smart meter pensare che la fatturazione sia ancora basata su consumi teorici e non effettivi è anacronistico e non aiuta l’efficienza energetica. Come si fa a dare segnali sui consumi se questi non sono quelli effettivi in ogni bolletta?
E ancora, il nodo certificazione: siamo preoccupati che l’obbligo di certificazione possa portare a una corsa verso numeri di EGE consistenti, con l’effetto di svilire la qualità della professionalità.
Infine, la speranza è che i tempi di attuazione del provvedimento non siano biblici, come spesso accade in Italia, lasciando il settore in un’attesa che potrebbe ledere il mercato.
Abbiamo aperto con una nota positiva e chiudiamo allo stesso modo: il mercato si sta sviluppando, sebbene con difficoltà. Confidiamo che le relative forze abbiano la meglio sulle incongruenze legislative e che queste possano essere nel tempo sanate.