Appena approvata la SEN si accende il dibattito sulle rinnovabili. Troppi gli sprechi negli anni. Occorre trovare il giusto equilibrio e puntare su saving, rinnovabili, ricerca e sviluppo.
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Nelle ultime settimane impazza in campo energetico la contrapposizione fra produttori di energia termoelettrica e da fonti rinnovabili, alimentata da un recente pamphlet di Assoelettrica “Chi ha ucciso le rinnovabili”, in cui il fotovoltaico viene in sintesi additato come causa, se non di tutti, di molti mali. Il tutto mentre, con D.M. 8 marzo 2013, veniva approvata la Strategia energetica nazionale (SEN, richiesta e promessa da anni, ma mai arrivata a compimento). Due sfaccettature diverse di un’unica questione: che futuro energetico avrà l’Italia.
Si tratta di un tema rilevante e che dovrebbe interessare tutti, perché sull’energia è fondato qualunque tipo di sviluppo, compresi i modelli della decrescita, e su una sua disponibilità rilevante e a basso prezzo si basano anche diritti dati per scontati come quello allo studio, i trasporti facili e persino la vita stessa nelle città.
Diciamo qualcosa sui due temi citati. Il fotovoltaico per Assoelettrica ha rappresentato uno sperpero di denaro pubblico, pagato da molti per rendere felici pochi (prevalentemente all’estero), con scarsi benefici sui costi dell’elettricità prodotta, con problemi di smaltimento a fine vita e, soprattutto, con una crescita esagerata in pochi anni, che ha destabilizzato il settore. Buona parte delle critiche corrisponde a verità, sebbene occorra sottolineare che sotto accusa non è la tecnologia, ma il modo in cui sono stati gestiti gli incentivi. Il fatto è che quando si sarebbero dovute rappresentare con forza le conseguenze negative che avrebbero avuto certe scelte (puntare su grandi impianti invece che su quelli diffusi e incentivi troppo altri, anzitutto), FIRE era fra le poche realtà a farlo presente, mentre molti che ora disapprovano sedevano alla tavola imbandita. Dunque cui prodest questa lamentazione?
Serve a sollevare un dibattito per affrontare con più equilibrio questioni dalle ricadute complesse e a non rifare gli stessi errori. Può essere utile ripercorrere gli ultimi quindici anni di storia. Si comincia con un deficit di potenza termoelettrica installata e si finisce con un assurdo eccesso di potenza termoelettrica. Si parla di diventare un hub del gas e si riescono ad avviare solo Rovigo e il Green stream. Si lancia la sussidiarietà e dopo pochi anni si scopre che non si riesce ad attuarla e che la riforma del Titolo V della Costituzione fa solo danni. Si sa che l’efficienza energetica è una soluzione molto conveniente, ma si lascia da parte incentivando senza criterio rinnovabili e usi impropri dell’energia (interrompibilità e sconti agli energivori, invece che supporto a ridurre strutturalmente i consumi).
L’Italia è povera di risorse, salvo sole e biomassa, per cui conviene sfruttare ciò che si ha e investire nella ricerca e nello sviluppo, oltreché nell’affinamento tecnologico, di ciò che ci consente di sfruttarlo. Disperdere le poche risorse disponibili su tanti fronti, come di fatto propone la SEN – che indica come priorità l’efficienza energetica, il mercato del gas competitivo, le rinnovabili “sostenibili”, il mercato elettrico competitivo, la razionalizzazione di raffinazione e distribuzione dei prodotti petroliferi, la coltivazione di idrocarburi nostrani e la modernizzazione della governance – rischia di lasciarci con niente in mano, viste le scarse risorse disponibili. Scommettere su efficienza e fonti rinnovabili può essere forse più rischioso, ma anche liberare risorse di mercato in un contesto tutto sommato favorevole (Paese povero di risorse, alti costi dell’energia, buona presenza di aziende collegate a questi temi, ottimo legame fra efficienza e PMI).