Diamo spazio all’efficienza energetica

FIRE energy efficiency first

L’uso razionale dell’energia merita decisamente più attenzione, pena l’impossibilità di ottenere un’inversione apprezzabile delle emissioni di CO2 nel breve termine, nonché la difficoltà di conseguire quella riduzione della domanda energetica che sola può offrire una risposta strutturale al caro energia. In questo articolo, pubblicato sulla rivista Qualenergia di settembre-ottobre 2022, cerco di illustrare come dare spazio all’efficienza energetica. Sì, sono un po’ in ritardo, ma lo scorso anno ho fatto fatica a stare dietro al mio blog. Quanto scritto rimane valido, e può essere visto come un’espansione dell’articolo sui suggerimenti al governo pubblicato su Gestione Energia per Natale. Buona lettura!

Per anni ho cercato, attraverso le iniziative condotte con FIRE, di sensibilizzare la politica e le imprese (queste con maggiore successo) sull’importanza di usare bene l’energia per svariati motivi. Quelli ambientali, certo, come la mitigazione del cambiamento climatico e la riduzione dell’inquinamento. Ma anche quelli economici, in un quadro che avrebbe necessariamente portato a un aumento dei prezzi e favorito le imprese e gli enti capaci di investire in questo ambito e nella creazione di prodotti e servizi a impatto energetico e ambientale ridotto. 

D’altra parte, l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) nei suoi scenari ha sempre individuato nell’uso razionale dell’energia l’unica risposta al tema della decarbonizzazione dell’economia (in parole più semplici, anche se meno corrette, della riduzione della CO2). Tema che i continui eventi climatici avversi hanno mantenuto in primo piano nonostante il costo alle stelle di gas ed elettricità. A tale proposito, nel rapporto Net zero by 2050 la IEA ha evidenziato la necessità di cambiare passo: trova infatti un ruolo crescente e fondamentale la riduzione delle emissioni legata al cambiamento degli stili di vita e dei modelli di business insieme all’efficienza energetica da sostituzione tecnologica e all’adozione di fonti rinnovabili. 

Nel nostro continente la Commissione europea ha via via aumentato le ambizioni delle politiche energetiche e climatiche. Partita da un 40% di taglio delle emissioni con il pacchetto Clean energy for all Europeans proposto nel 2016 e adottato nel 2019, la Commissione ha lanciato nel 2021 la proposta Fit for 55 per tradurre in realtà il nuovo target di riduzione del 55% definito nel frattempo dal Green new deal. Quest’anno, in seguito all’invasione dell’Ucraina, la Commissione ha infine proposto il pacchetto REPowerEU, che fonda su un’ulteriore crescita di efficienza energetica e rinnovabili la capacità del sistema energetico di affrancarsi dalle forniture russe (o, più in generale, di rafforzarsi riducendo la dipendenza dai Paesi extra UE). 

Tanto per capirci, tutto questo si traduce in un obiettivo di crescita al 2030 che per le rinnovabili sale dal 40% al 45% e per l’efficienza dal 9% al 13% di obiettivo globale (rispetto allo scenario tendenziale 2020 al 2030). Lo stesso piano prevede di arrivare a 320 GW di fotovoltaico al 2025 (quando nel 2021avevamo 26 GW installati, cresciuti di circa 6 GW rispetto all’anno precedente) e arrivare ad installare 10 milioni di pompe di calore nel 2027 (oggi viaggiamo intorno ai 2 milioni di installazione complessive annue). È evidente che si tratta di numeri davvero enormi rispetto al mercato attuale, che richiedono attenzione all’eliminazione delle barriere autorizzative e di vario tipo che al momento si frappongono con gli investimenti in questo settore, ma anche uno sforzo consistente di rafforzamento delle relative filiere. Un aspetto su cui curiosamente il pacchetto REPowerEU, pur molto attento al tema dei rapporti con i Paesi fornitori per i combustibili fossili, curiosamente dedica poca attenzione nonostante la dipendenza dall’estero sia elevata anche per le tecnologie.  

Lo sviluppo adeguato delle filiere di rinnovabili ed efficienza energetica dovrebbe essere in questo momento una delle grandi priorità, insieme alle misure di riduzione della domanda energetica e alla soluzione del problema dei prezzi del gas naturale. Questo vale ovviamente a livello UE come a livello nazionale.

Passando all’Italia, la spinta di scenari e obiettivi non ha trovato un terreno molto fertile: soprattutto sull’efficienza energetica la politica – che anche su questo fronte ha mostrato uno scollamento dalla realtà delle imprese – ha tendenzialmente snobbato il tema, salvo alcune vaghe dichiarazioni e a dispetto del principio energy efficiency first lanciato dall’Unione europea proprio per evitare che questa materia fondamentale, ma complessa e poco adatta alla comunicazione, finisse negletta. Sulle rinnovabili sarebbe andata meglio, ma ci hanno pensato autorizzazioni e gestione del patrimonio culturale e paesaggistico non all’altezza delle sfide attuali a bloccare i possibili sviluppi. 

Questo ha rallentato i tassi di crescita del settore e ha contribuito ad indebolire il sistema energetico, insieme a diverse scelte fatte dagli attori del mercato liberalizzato, interessati solo ai margini di breve periodo e non alle altre dimensioni del sistema (aspetto che avrebbe dovuto essere curato dai legislatori e dai regolatori nazionali, evidentemente, non da operatori privati interessati a fare altro). 

Un esempio della disattenzione all’efficienza energetica lo troviamo nella politica sulla riqualificazione energetica degli edifici più robusta d’Europa: il superbonus. L’assenza di requisiti energetici sfidanti, la scelta di interventi primari non collegata alla capacità di efficientamento energetico e decarbonizzazione e l’assenza di misura delle prestazioni, per quanto semplificata, ci hanno portato a spendere in avvio di autunno 2022 oltre 50 miliardi di euro, che hanno aiutato sì la filiera, peraltro innescando una spirale dei prezzi che non aiuta in termini di costo-efficacia, ma senza produrre quegli effetti di riduzione della domanda di energia che tanto avrebbero potuto aiutare in questo periodo. Politiche largamente più efficaci in termini di costi-benefici, come i certificati bianchi, annaspano invece frenati da regole ferree sulla misura effettiva dei risparmi energetici e valutazioni particolarmente dettagliate. A chi troppo a chi niente, direbbe qualcuno.

L’auspicio è dunque che si possa cambiare rotta e che il nuovo Governo possa prendere in carico questa sfida. Sfida non solo per le difficoltà in cui si trovano imprese e famiglie, ma anche perché gli anni persi non hanno avuto come effetto tanto quello di trovarsi più esposti all’aumento dei prezzi energetici, quanto quello di non avere fatto sviluppare la filiera delle soluzioni necessarie per riqualificare imprese, edifici e trasporti. Il risultato è che ci troviamo ad affrontare una crisi di offerta non solo per il gas, ma anche per l’hardware e delle persone che ci servono per affrancarcene e per tutto ciò che ruota intorno a questo (logistica, componenti, progettisti, installatori, manutentori, etc.).

Alcune proposte per il nuovo Governo:

  • Mettere riduzione della domanda ed efficienza energetica al primo posto nell’agenda: meno si consuma, più ci si affranca dalla dipendenza dai combustibili fossili e più diventa semplice sostituirli con rinnovabili.
  • C’è un tesoretto da cogliere con investimenti limitati attraverso la riduzione degli sprechi e la regolazione ottimale degli impianti: conviene promuovere l’adozione di sistemi di monitoraggio e automazione sia nelle imprese, sia negli edifici (building automation). È opportuno che queste misure siano promosse attraverso Industria 4.0, ma anche le detrazioni fiscali per l’edilizia e i certificati bianchi.
  • Favorire l’adozione dei sistemi di gestione dell’energia, sia attraverso la certificazione ISO 50001, sia promuovendo ISO 50005 e ISO 50009, pensate per le PMI e per i distretti e le filiere: sono le piccole imprese quelle che fanno più fatica a innovare, anche per la mancanza di personale tecnico da dedicare ai temi energetici e di sostenibilità e l’approccio sistemico è essenziale per fare passi avanti in questo ambito.
  • Il superbonus deve diventare una misura per l’efficienza energetica, promuovendo efficacemente le tecnologie che producono di più in termini di decarbonizzazione e riduzione della domanda di energia: requisiti di accesso più stringenti, uniti a un orizzonte della misura esteso al 2030 e a misure dei risparmi conseguiti, favorirebbero anche un riequilibrio fra domanda e offerta con benefici sui conti pubblici, sulla qualità del lavoro e sulla sostenibilità della filiera delle costruzioni.
  • Certificati bianchi, conto termico e fondo nazionale per l’efficienza energetica, misure caratterizzate da un costo efficacia alto, richiedono più attenzione: per il primo schema occorre semplificare misura e verifica dei risparmi energetici per favorire l’accesso dei progetti piccoli e medi e pubblicare il decreto sul meccanismo delle aste, per gli altri i decreti relativi alle sono in forte ritardo e non consentono di cogliere i potenziali benefici.
  • Intervenire sulle logiche della tutela dei beni storici, artistici e paesaggistici: l’Italia ha un patrimonio invidiabile che va salvaguardato, ma questo non deve significare immobilismo, bensì rinnovamento intelligente, in linea con i canoni della bellezza, del sociale e dell’ambiente.
  • Passare da una logica di valutazioni, autorizzazioni e controlli puramente documentali a una logica più snella e agile, integrata con verifiche sul campo: la complessità delle procedure blocca la capacità produttiva della parte migliore del Paese, senza fermare chi cerca di non rispettare le regole e di truffare lo Stato.
  • Promuovere lo sviluppo delle filiere, fondamentale per crescere nei prossimi anni e consentire alle imprese di uscire dall’attuale crisi, visto che non si può certo andare avanti a colpi di decreti ristoro e bonus più o meno a pioggia.

Sul fronte delle imprese diverse indagini recenti mostrano che in effetti negli ultimi anni la maggior parte di esse, lasciano fuori le micro imprese, hanno interiorizzato i temi energetici e di sostenibilità almeno a livello di intenzioni. In quanto all’azione, invece, siamo ancora lontani dal traguardo, aspetto portato drammaticamente a galla dalla crisi dei prezzi dell’ultimo anno. Inutile recriminare sul tempo perso, meglio rimboccarsi le maniche per uscirne fuori nel migliore dei modi, possibilmente creando le fondamenta per gli anni a venire. 

Il primo consiglio che mi sento di dare è dunque quello di non limitarsi a intervenire come capita, ma di cercare di mettere in piedi una strategia e una pianificazione con un orizzonte di almeno cinque anni, meglio se al 2030 (un sistema di gestione dell’energia a questo proposito aiuta). È difficile, infatti, ipotizzare una visione del futuro in cui non avvengano cambiamenti importanti sugli stili di vita e sui modelli di business, cambiamenti che richiedono di mettere in piedi strategie – e mission – atte a ripensare i propri prodotti e servizi in modo non solo da fabbricarli in modo più sostenibile, ma anche, e soprattutto, che siano progettati e messi sul mercato in modo da garantire impatto ambientale e costi di gestione minimi. Prodotti, tra l’altro, più durevoli e offerti più frequentemente in ottica di servizio. 

Mettendo insieme questo con gli obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione che i player di mercato importanti si sono dati nell’ambito del decennio, i principali suggerimenti per le imprese sono i seguenti:

  • Investire in sistemi di monitoraggio e in automazione, cercando di sfruttare le tecnologie IoT moderne (oltre ai benefici del programma Industria 4.0): in aggiunta a individuare ed eliminare rapidamente gli sprechi – che possono valere anche il 20-30% dei consumi in alcune imprese – ciò consente di sfruttare al meglio gli impianti, migliorare comfort, produttività e qualità, ridurre i rischi, etc.
  • Vedere energia e altre risorse in modo olistico e collegato alle attività primarie dell’azienda: con la decarbonizzazione dell’economia come obiettivo fondamentale nei prossimi decenni, l’uso delle risorse nella produzione, nella logistica e nell’utilizzo non può più essere visto come un semplice fattore di costo a supporto della produzione. 
  • Adottare un sistema di gestione dell’energia ISO 50001 – eventualmente partendo dalla ISO 50005 se si è PMI – e strutturarlo in modo che consenta di avviare la trasformazione richiesta dal punto precedente attraverso il progressivo coinvolgimento di tutti i dipendenti nella strategia aziendale.
  • Sfruttare i sistemi di gestione dell’energia di distretto e filiera (ISO 50009) per avviare la transizione in quei contesti densi di piccole imprese che da sole fanno fatica ad abbracciare il cambiamento a causa della mancanza di risorse specializzate e di una organizzazione ampia.
  • Adottare modelli organizzativi collaborativi: la trasformazione che ci attende è considerevole e mettere insieme competenze e capacità diverse, tecniche e non tecniche, consentirà di liberare fantasia e creatività.
  • Ripensare prodotti e servizi nell’ottica della sensibilità. La matrice di Osterwalder modificata riportata in figura può dare qualche spunto per iniziare.
Matrice di Osterwalder modificata per tenere in conto l’efficienza energetica e la sostenibilità.

Ovviamente il punto di partenza per individuare gli interventi da realizzare è la diagnosi energetica, ma nella lista ho preferito evidenziare gli aspetti strategici. Anche perché è meglio evitare di realizzare solo gli interventi identificati più convenienti in termini di pay-back time, come molte imprese tendono a fare, in quanto questo rende più difficile e oneroso realizzare interventi successivamente.

Per le famiglie, al di là della diminuzione prevista recentemente delle temperature negli edifici e dei periodi di riscaldamento, che sono evidentemente misure emergenziali, può essere utile adottare alcune misure di buon senso e di ottimizzazione:

  • Verificare l’entità dei consumi la notte e nei periodi in cui non si è in casa per eliminare gli sprechi tramite ciabatte on/off, prese intelligenti o sistemi di automazione: a tal fine chi ha a disposizione il contatore intelligente di seconda generazione può trovare i profili di carico nel portale consumi; in alternativa è possibile acquistare dispositivi di monitoraggio da collegare al contatore, al quadro elettrico o a singole prese.
  • Seguire i suggerimenti riportati nel Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale redatto da ENEA per elettrodomestici e gestione impianti.
  • Guidare in modo dolce e limitare la velocità massima in autostrada.
  • Ripensare le proprie abitudini: ci sono modi per risparmiare energia talvolta migliorando anche il proprio benessere, in casa, come in ufficio e negli spostamenti.

Ci troviamo nel mezzo di una crisi rilevante, sperando ovviamente che l’incubo nucleare paventato mentre scrivo rimanga solo un rischio, ma anche di un’opportunità di rivedere e migliorare il modo in cui viviamo e produciamo. Utilizzando come principi guida l’equità sociale, la riduzione della CO2, l’efficienza nell’uso delle risorse e la sostenibilità potremo uscirne molto meglio e, nel tempo, costruire qualcosa di bello. Mettiamo collaborazione e creatività davanti a paura e attaccamento al passato e ci riusciremo!

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