Consultazione UE sulla direttiva efficienza energetica

In vista del possibile aggiornamento – o recast – della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, mirato a potenziarne l’effetto, si è svolta negli scorsi mesi una consultazione a livello europeo. La FIRE ha partecipato al processo presentando una serie di osservazioni sugli articoli in discussione, che coprivano solo una parte dei temi affrontati dalla direttiva. Al di là dei commenti inviati, ritengo che un Paese come il nostro – che dell’efficienza energetica ha sempre fatto, più o meno consapevolmente, una priorità a causa della nota scarsità di risorse – dovrebbe vedere una maggiore partecipazione dei portatori di interesse a questo tipo di iniziative, e ancor più alle iniziative dedicate alle Istituzioni che si terranno nei prossimi mesi. Non farlo significherà subire un provvedimento che dovremmo invece guidare in virtù delle esperienze fatte e dei risultati ottenuti.

Pubblicato su Qualenergia.

A fine gennaio si è chiusa la consultazione pubblica per la nuova versione della direttiva sull’efficienza energetica 2012/27/UE dopo circa tre anni dalla sua pubblicazione (il 10 febbraio si chiuderà quella sulle fonti rinnovabili). Attraverso la consultazione, alla quale hanno potuto partecipare tutti gli stakeholder e i cittadini interessati, la Commissione ha voluto raccogliere spunti e suggerimenti per la nuova direttiva che dovrebbe essere pubblicata nella seconda metà del 2016.

La consultazione ha toccato diversi aspetti, dagli schemi obbligatori di efficienza energetica alla misurazione, dalle bollette energetiche al fondo nazionale per l’efficienza energetica, e FIRE ha dato il proprio contribuito rispondendo alle questioni di maggiore interesse e competenza (tra l’altro hanno partecipato 11 portatori di interesse italiani su 293 proposte presentate, un buon risultato se confrontato con gli altri stati membri, fra cui spiccano la Germania e il Regno Unito).

Una delle considerazioni principali è stata quella riguardante i risultati che la direttiva contribuirà a raggiungere al 2020: indubbiamente l’aver previsto una serie di strumenti – quali le diagnosi energetiche, il green procurement o gli schemi obbligatori di efficienza energetica (EEO) – garantirà risultati importanti negli anni che verranno, in buona parte anche dopo il 2020. Una parte degli stati membri ha infatti attuato dal nulla alcune delle disposizioni previste dalla direttiva: ciò, unito alla complessità di alcuni strumenti, implica che diversi effetti inizieranno a prodursi a ridosso del 2020, e dunque una parte dei risultati attesi potrebbe slittare oltre tale data. La Commissione dovrebbe tenere in considerazione questi elementi quando si tratterà di decidere il frame temporale dei prossimi target, prevedendo degli orizzonti più lunghi per il raggiungimento degli obiettivi.

Un altro commento è stato quello riguardante l’eterogeneità degli Stati membri, acuita maggiormente dalla crisi ancora in corso. La FIRE ritiene opportuno che la Commissione nel rivedere la direttiva dia il giusto peso a tali differenze, altrimenti il risultato potrebbe portare a un’eccessiva rigidità degli obblighi per alcuni paesi non in grado di rispettarli. Inoltre, per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza al 2030 – che dovrebbero essere espressi ad avviso della FIRE sia in consumi finali, sia in energia primaria proprio per tenere conto delle differenze sopra citate – l’UE dovrebbe facilitare l’adozione di una più ampia scelta di strumenti e dati, quali ad esempio diagnosi energetiche e sistemi di gestione dell’energia, statistiche e indicatori di performance, un catasto georeferenziato degli edifici integrato con informazioni sul consumo energetico, contratti di prestazione energetica e strumenti di finanziamento avanzati, iniziative per la qualificazione dei professionisti.

L’art. 7 sugli schemi obbligatori di efficienza è stato il punto sul quale FIRE ha espresso un maggior numero di commenti. Tra le sfide e le barriere maggiori all’implementazione dell’articolo, sicuramente la scarsità di conoscenza e delle capacità delle parti coinvolte ha un peso importante così come la scarsa consapevolezza da parte dei consumatori finali degli schemi obbligatori di efficienza o delle misure alternative e il limitato periodo (2014-2020) in cui inquadrare il tutto (considerazione valida per i Paesi che hanno dovuto avviare nuovi schemi). La UE potrebbe investire di più per favorire la realizzazione di azioni di informazione e accompagnamento presso i singoli Stati membri. Un altro aspetto da considerare è la durata delle misure di efficienza introdotte, in molti casi in grado di produrre effetti anche dopo il 2020. In questo senso, sarebbe importante che gli obblighi continuassero a essere confermati con obiettivi da definire in funzione degli sviluppi (risultati, novità tecnologiche e di mercato, etc.).

Il campo di applicazione delle misure ammesse potrebbe essere ampliato, aprendo la via anche a interventi che rendano possibile il passaggio dal riscaldamento e raffreddamento a combustibili fossili al riscaldamento e raffreddamento utilizzando totalmente o parzialmente energie rinnovabili, ad esempio, oppure interventi per rendere più efficiente la produzione di energia su piccola scala (sotto la soglia ETS) o passare a un regime di autoconsumo, auto-generazione di energia e edifici “positivi”. FIRE ritiene che dare la possibilità agli stati membri di ampliare la portata delle misure ammissibili possa facilitare l’adozione di misure di efficienza energetica e produrre maggiori risultati. Inoltre una maggiore armonizzazione dei metodi di calcolo dell’addizionalità (capacità delle policy di promuovere tecnologie con prestazioni superiori alla media di mercato) e della materialità (capacità di promuovere interventi che non si sarebbero realizzati comunque), così come delle procedure di misura e verifica dei risparmi energetici potrebbero favorire un’implementazione più solida dell’art. 7.

In Italia, il meccanismo dei certificati bianchi ha favorito lo sviluppo del mercato dei servizi energetici e di alcuni attori: i fornitori di servizi energetici grazie allo schema dei certificati bianchi italiano hanno avuto la possibilità di evolvere, trasformandosi in alcuni casi in ESCO, e di crescere in termini di know-how acquisito sui processi industriali, utile per promuovere progetti di efficienza energetica indipendentemente dall’esistenza dello schema di incentivazione. Si tratta di un beneficio importante, che dovrebbe essere correttamente valutato.

Infine, nell’implementazione dell’art. 7, l’Unione dovrebbe impegnarsi a favorire lo scambio di esperienze tra i vari Stati: ciò che è emerso dal progetto europeo Enspol (www.enspol.eu) è l’utilità per i policy maker di poter usufruire di luoghi dedicati (e.g. gruppi di lavoro e osservatori) dove poter discutere in dettaglio singoli aspetti relativi alle politiche per l’efficienza energetica. Le conferenze da questo punto di vista non sono adeguate, poiché non consentono di approfondire sufficientemente le tematiche di interesse. L’UE potrebbe dunque favorire tali momenti di incontro informale.

Riguardo agli art. 9-11 sulla misura, l’informazione e la fatturazione dei vettori energetici, la FIRE ritiene che l’esperienza italiana – con la diffusione da più di decennio ormai di contatori elettronici per clienti residenziali e PMI – si sia rivelata molto utile per migliorare la consapevolezza degli utenti finali e favorire iniziative di efficientamento energetico. Non basta però installare i misuratori intelligenti e definire regole sull’informazione sulle bollette: occorre tenere in considerazione che il processo di sensibilizzazione e la messa a punto di fatture e strumenti realmente fruibili dal largo pubblico può richiedere diversi anni per raggiungere una maturità adeguata. Anche in questo caso si evidenzia l’esigenza di ampliare l’orizzonte temporale di direttive così impattanti.

Per concludere sull’art. 20, relativo al fondo nazionale per l’efficienza energetica, al finanziamento e al supporto tecnico, la FIRE ha sottolineato che l’efficienza energetica si rivolge a diversi utilizzatori finali (per taglia, risorse, capitalizzazione) e a diverse soluzioni (per taglia, costi, durata), per cui un mix di strumenti è preferibile a un’unica soluzione per rispondere alle esigenze del mercato. Si ritiene inoltre utile – anche in ragione dell’esperienza maturata da FIRE nella redazione delle linee guida sul finanziamento per l’efficienza energetica create all’interno del progetto europeo Whaves (www.whaves.eu) – una maggiore disponibilità di fondi di garanzia e di strumenti di risk sharing, l’individuazione di schemi di finanziamento per soluzioni con un CAPEX limitato, e lo sviluppo di green bonds e crowd funding.

Al di là del parere espresso da FIRE nella consultazione, si sottolinea l’importanza di seguire i filoni di discussione in atto a Bruxelles e dintorni, in quanto avranno ripercussioni importanti sul nostro futuro. Meglio essere propositivi ora che subire un domani politiche definite sulle esigenze di altri Stati.