L’articolo sul tema dell’efficienza energetica come costo o opportunità, che riprende il post di qualche giorno fa. Per quanto diagnosi energetiche, sistemi di monitoraggio e sistemi di gestione dell’energia possano costare, i benefici nel tempo saranno sicuramente maggiori. O almeno questa è l’esperienza finora raccolta a livello nazionale e internazionale.
Pubblicato su: E7 del 23 dicembre 2014.
Se l’efficienza energetica rappresenti un costo o un’opportunità per le imprese è il quesito che mi hanno posto al convegno sulle diagnosi energetiche per le imprese svoltosi a Brescia (scarica gli atti). La domanda, forse retorica per gli addetti ai lavori, è attuale per due motivi: gli obblighi sulle diagnosi energetiche sono viste come una spesa da affrontare a breve – visto che andranno eseguite nel 2015 in base al D.Lgs. 102/2014 – e non tutti gli imprenditori si sono resi conto del fatto che investire in efficienza energetica può convenire.
Un audit energetico può costare da qualche migliaio a qualche decina di migliaia di euro, a seconda della complessità della realtà presso cui si realizza. In alcuni casi sarà possibile avvalersi anche di diagnosi gratuite, offerte da soggetti interessati a recuperare la spesa vendendo in seguito i propri prodotti o servizi, ma evidentemente la spesa è solo rimandata e il rovescio della medaglia in alcuni casi è il rischio di una diagnosi “orientata”. Dunque di un costo si tratta, come per tutti gli obblighi di legge.
Vi sono però alcune considerazioni da fare. La prima è che nella nostra esperienza ultra venticinquennale non conosciamo imprese che non abbiano trovato progetti di efficientamento particolarmente convenienti in seguito a una diagnosi, in grado di fare recuperare anche il costo della diagnosi stessa. Ciò è confermato da diversi casi studio nazionali e internazionali. La seconda è che un’impresa che gestisce bene i suoi centri di costo avrebbe dovuto provvedere a effettuare diagnosi in autonomia, visto che in caso contrario non possono che esserle sfuggite una serie di sprechi e di ottimizzazioni, presenti in qualunque processo o edificio. La terza è che oggi sono disponibili strumenti di monitoraggio flessibili e poco costosi, che consentono di avere a disposizione indicatori di performance in modo continuativo e di conseguire economie gestionali e miglioramenti di processo consistenti. Dunque la diagnosi non rimane un una tantum, ma continua a offrire informazioni utili nel tempo.
Il monitoraggio, del resto, è il trait d’union fra la diagnosi e l’alternativa prevista dal recepimento della direttiva sull’efficienza energetica, ossia il sistema di gestione dell’energia ISO 50001. Un’impresa che si doti di un sistema di gestione (SGE) non è sottoposto agli obblighi di diagnosi, in quanto l’SGE garantisce un approccio teso al miglioramento continuo e risultati crescenti nell’uso efficiente dell’energia. Non a caso in Irlanda le imprese dotate di SGE hanno conseguito fra il 2007 e il 2010 un miglioramento medio annuo delle performance energetiche nell’ordine del 6,25%, contro l’1,75% delle altre imprese.
Misura e monitoraggio sono le basi per individuare sprechi e opportunità di miglioramento energetico, accedere agli incentivi disponibili (in particolare ai certificati bianchi), attivare il finanziamento tramite terzi dei progetti coinvolgendo banche o fondi di investimento. Quindi saranno anche un costo, ma prima ancora rappresentano un’opportunità.
Sono peraltro numerosi gli interventi possibili presso le imprese industriali e del terziario a costo zero (regolazione e gestione corretta degli impianti) o con tempi di ritorno degli investimenti inferiori ai due e ai tre anni.
Ma c’è di più, ed è stato il tema della conferenza annuale FIRE Enermanagement 2014 (atti disponibili su www.enermanagement.com): i leader di mercato hanno compreso, nel pieno spirito della green economy, che l’efficienza energetica e la sostenibilità sono molto più della possibilità di risparmiare sui costi operativi. Esse rappresentano un’opportunità di agire sul proprio core business e sui prodotti e servizi offerti.
I leader di mercato hanno iniziato ormai, con un anticipo che un’indagine del Carbon Trust britannico valuta in almeno dieci anni rispetto alle altre imprese, a considerare l’efficienza energetica su tutta la filiera: nell’approvvigionamento (specifiche di acquisto delle macchine di processo e degli impianti con requisiti energetici e ambientali stringenti, green procurement e LCCA di macchine e materiali, selezione dei fornitori), internamente all’azienda (collegamento con il processo produttivo, non solo efficienza degli impianti di servizio), e sul prodotto (progettato affinché consumi poco, impatti poco sull’ambiente e sia facilmente riciclabile o riutilizzabile).
Ragionare in ottica di resource efficiency non fa solo risparmiare sui costi energetici, ma consente di mettere sul mercato prodotti e servizi vincenti e di ottimizzare il consumo di materiali, energia, composti chimici e acqua, con un effetto sinergico sui costi operativi (consumare acqua e materiali in eccesso, ad esempio, determina in genere un maggiore consumo di energia e prodotti chimici, con costi evitabili che si moltiplicano).
La IEA, l’Agenzia internazionale dell’energia, da qualche anno insiste sui benefici multipli dell’efficienza energetica. Alcuni studi realizzati negli USA dicono che per ogni euro risparmiato grazie all’efficienza energetica, le imprese riescono a risparmiarne altri due e mezzo grazie ai benefici non energetici (risultati in termini di ricadute sul processo, riduzione degli inquinanti, contenimento dei costi della manutenzione, miglioramenti delle condizioni di lavoro, etc.). Tale fattore di moltiplicazione, per quanto possa variare da un caso all’altro, dovrebbe fare riflettere sulle opportunità che si hanno di utilizzare l’efficienza energetica e la sostenibilità in sinergia con l’ottimizzazione dei processi produttivi per agire sulla competitività.
La domanda se l’efficienza energetica sia un costo o un’opportunità dunque presenta una risposta facile: è sì un costo, ma i benefici conseguibili sono di un ordine di grandezza decisamente diverso e vale la pena di investirci sopra. Il quesito da porsi, semmai, è se ci siano le condizioni per fare tutto questo, in un contesto in cui la diagnosi energetica, invece che buona pratica corrente, appare come una spesa. A mio parere la risposta è affermativa. Occorre però investire risorse in programmi di informazione e di qualificazione degli operatori di settore. Il D.Lgs. offre strumenti e incentivi che indubbiamente aiutano in tal senso, ma molto possono fare le associazioni di settore come la FIRE e le associazioni di categoria nel supportare le imprese e nell’accelerare lo sviluppo di un mercato che comunque è in crescita da qualche anno.