Cogenerazione fra presente e futuro

cogenerazione fra presente e futuro foto da 12th annual smithsonian magazine photo contest (c) Viktors Ozolins

La cogenerazione rappresenta l’applicazione dei principi di efficientamento energetico alla generazione elettrica. Permette infatti di recuperare il calore prodotto dai processi di combustione di motori e turbine, o da quelli elettrochimici impiegati nelle celle a combustibile, per utilizzarlo in altri servizi energetici (e.g. riscaldamento, raffrescamento, usi di processo, etc.). Ne conseguono un migliore utilizzo delle fonti primarie impiegate, siano esse fossili o rinnovabili, e una riduzione delle emissioni climalteranti. Altri benefici della cogenerazione sono la riduzione delle perdite di rete, in funzione della rete a cui è allacciato l’impianto, e, a seconda della configurazione, continuità e power quality. Nell’articolo che segue introduco il focus sulla cogenerazione inserito nel numero 1/2021 di Gestione Energia, la rivista trimestrale di FIRE. Per parlare di cogenerazione tra presente e futuro, i temi trattati includono le statistiche, l’evoluzione dell’uso nel tempo e le sfide da affrontare nei prossimi anni.

L’Italia ha storicamente una posizione forte in termini di cogenerazione, iniziata nei grandi impianti industriali (e.g. petrolchimico, cartiere, ceramico, chimico, etc.) e proseguita in altri settori industriali e nel terziario. I dati di Terna riferiti ai consumi del 2018 indicano una produzione complessiva da impianti di produzione combinata di elettricità e calore di circa 105 TWh elettrici (i.e. il 55% della generazione termoelettrica) e 60 TWh termici. Ma c’è una cogenerazione più virtuosa, in quanto caratterizzata da un migliore recupero del calore, definita cogenerazione ad alto rendimento (CAR). Essa ha accesso agli incentivi e alle altre agevolazioni previste per questa soluzione. La relazione annuale 2020 del Ministero dello sviluppo economico, riferita ai dati del 2018, riporta 1.865 unità, per una potenza installata di 13 GW e una produzione di 57 TWh elettrici e 36 TWh termici. Dunque, almeno la metà della cogenerazione è CAR. Almeno, perché gli impianti non interessati ad ottenere la qualifica di alto rendimento non sono conteggiati come tali anche se lo sono. 

La maggior parte della produzione cogenerativa ad alto rendimento si riferisce all’industria (≈65% come potenza installata e 75% come calore erogato), seguita dal teleriscaldamento e, in misura minore, dal settore civile e dall’agricoltura. Prendendo in considerazione i combustibili impiegati, si vede che il gas naturale copre circa l’82% dei consumi, seguito da un 13% di gas di cokeria e raffineria e da un 3% di rifiuti. La CAR da rinnovabili si attesta sotto all’1%. Secondo le valutazioni del GSE, il potenziale economicamente sfruttabile della CAR potrebbe portare a un aumento di potenza installata e calore generati nell’ordine del 70-90%, più o meno ripartito fra settori come per l’esistente.

Questi dati ci consentono di fare alcune considerazioni pensando al decennio in corso. La prima è che questa forte presenza di CAR, che comporta un risparmio di combustibile superiore al 10%, è positiva è si può incrementare in modo consistente nei prossimi anni. D’altra parte, ciò significa che la quota di generazione termoelettrica da tagliare per fare posto alle fonti rinnovabili – circa 70 TWh secondo il Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) – corrisponderebbe all’80% circa di quella non cogenerativa. Una sfida ancora più impegnativa e che suggerirebbe di investire per trasformare parte dell’attuale parco cogenerativo in CAR alimentata da fonti rinnovabili (FER). Una priorità di medio termine a mio avviso più sensata dell’idrogeno, moda del momento, ma ancora di là da venire e con sfide da superare per un utilizzo diffuso certamente superiori ai biocombustibili (tra l’altro, in pochi parlano più di alghe per usi energetici, nonostante il grande potenziale sfruttabile nel nostro Paese). Sarebbe un tema che meriterebbe di essere inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) in discussione più di altri, più idonei alla ricerca e allo sviluppo che alla realizzazione di dimostrativi.

La cogenerazione genera i propri benefici in particolare in relazione all’autoconsumo, di energia elettrica e termica (vapore, acqua surriscaldata, acqua calda, acqua per usi frigoriferi). È il modello della generazione distribuita che mano a mano si sta diffondendo, ma che si traduce in effetti sui flussi di energia nelle reti (tema centrale nell’ottica dell’elettrificazione dei consumi), sull’uso di combustibili diversi (ritorno al tema rinnovabili, a partire dal teleriscaldamento) e sulla dipendenza dall’estero, sul parco di generazione elettrico (la cogenerazione può essere vista come una via di mezzo fra le grandi centrali dedicate e le fonti non programmabili) e sul mercato elettrico (si pensi anche alle trasformazioni che hanno portato molti grandi soggetti industriali a esternalizzare a società dedicate le loro grandi centrali cogenerative). L’autoproduzione, tema centrale della legge 9/1991, oggi definita più spesso autoconsumo, è un tema centrale di questa transizione, che va gestito in modo innovativo.

Fra i temi di novità in discussione in questo periodo c’è quello delle configurazioni di produzione e consumo. Al momento i nuovi impianti CAR possono rientrare in un sistema di scambio sul posto (SSP-B secondo la definizione di ARERA), in un SEU (ossia una configurazione in cui uno o più impianti sono gestiti da un medesimo produttore e connessi a un unico consumatore nel rispetto di una serie di condizioni) o in un altro sistema di auto produzione (ASAP, in cui l’energia prodotta è consumata tramite collegamenti privati per almeno il 70% da società collegate). Il recepimento della direttiva 2019-944, peraltro in ritardo, prevede l’introduzione delle comunità di cittadini. 

Si tratta di una configurazione analoga a quella delle comunità energetiche, in cui l’energia elettrica prodotta da uno o più impianti di produzione può essere utilizzata da uno più consumatori privati e/o pubblici. È una novità importante che si spera possa essere presto attuata. Anzi, riteniamo utile in FIRE che anche la CAR non rinnovabile possa partecipare anche ai sistemi di autoconsumo collettivo, eventualmente senza gli incentivi al momento attribuiti agli impianti non rinnovabili. 

Visto che la cogenerazione produce anche energia termica, è evidente che ha senso parlare anche di comunità di energia termica, in ottica di economia circolare e, ad esempio, di rapporti fra grandi consumatori e centri urbani. Si pensi alla possibilità di realizzare cogeneratori nelle imprese o a livello di distretto sfruttando l’effetto scala e ottimizzando il dimensionamento degli impianti (e.g. cartiera di Riva del Garda e teleriscaldamento cittadino). O alla facilità con cui in particolare il teleriscaldamento può sfruttare fonti rinnovabili (e.g. pompe di calore di A2A a Milano, biomasse legnose in vari comuni dell’arco alpino, scarti di produzione) e rifiuti. Opportunità anche queste segnalate nelle analisi sul potenziale del GSE e che conviene cogliere.

Segnalo poi l’utilità di rivedere i sistemi semplici di produzione e consumo consentendo, ad esempio, di avere più di un produttore in un SEU. Nel futuro sempre più frequentemente – e auspicabilmente – potranno essere realizzati impianti CAR e FER presso lo stesso cliente. Al momento l’unico modo di farlo è che siano gestiti da un unico produttore (l’utente finale o un soggetto terzo), ma questo è un limite che rischia di limitare la realizzazione di impianti, visto che in molti casi può essere più conveniente per un consumatore finale rivolgersi a soggetti diversi per realizzare impianti CAR e impianti FER. Del resto, se lo scopo è decarbonizzare, dobbiamo cercare di togliere tutti i lacci e lacciuoli che lo impediscono e facilitare le configurazioni virtuose attraverso una opportuna ridefinizione di quelle ammesse.

Ultimo tema è quello dell’evoluzione tecnologica e di mercato. Negli ultimi venticinque anni, in cui ho avuto modo di seguire le soluzioni cogenerative, non ci sono stati stravolgimenti tecnologici, salvo forse i sistemi ORC. Le celle a combustibile sono rimaste solo una promessa, nonostante gli sforzi fatti per introdurre una tecnologia statica che avrebbe numerosi benefici se riuscisse a superare i problemi di affidabilità, costo e combustibili impiegabili. Per il resto si sono seguiti affinamenti delle tecnologie disponibili, miglioramenti dei rendimenti e riduzione delle emissioni atmosferiche e sonore locali. Si è cercato di sviluppare di più la microcogenerazione, visto il mercato potenziale enorme, finora con risultati limitati. E questo è forse il settore su cui le novità tecnologiche potrebbe portare cambiamenti sostanziali, anche in termini di potenziale CAR.

Lo sviluppo del mercato elettrico sta invece spingendo la CAR verso una maggiore flessibilità e capacità di adattarsi all’andamento dei prezzi in ragione della domanda di energia e del mix produttivo del parco centralizzato, interessato dalla forte penetrazione delle FER non programmabili e del fotovoltaico in particolare. Questo, tramite lo sviluppo di sistemi integrati di generazione elettrica e termica e/o di sistemi di accumulo dei due vettori energetici potrà portare a impianti gestiti in modo separato dall’andamento del carico termico, capaci di partecipare alla regolazione del sistema elettrico e ai servizi di demand response. Non a caso c’è stata negli ultimi anni un’evoluzione interessante dei sistemi di gestione e controllo degli impianti CAR (e di generazione elettrica distribuita più in generale), favorita anche dalle nuove tecnologie di machine learning e IoT. 

C’è comunque ancora spazio per le innovazioni, soprattutto nell’ottica di integrare al meglio efficienza negli usi finali, generazione FER e generazione CAR, nel rispetto del principio energy efficiency first, che, ricordo, non vuol dire che bisogna necessariamente realizzare prima gli interventi di efficientamento negli usi finali, ma che questi debbano essere considerati nella progettazione dei sistemi di generazione e che si persegua lo scopo generale di un uso razionale dell’energia. Da questo punto di vista sarebbe utile che le ESCO attive nell’ambito della cogenerazione ampliassero la loro offerta includendo gli interventi di efficienza energetica negli usi finali. Un approccio integrato che consentirebbe di rispettare al meglio il principio dell’energy efficiency first e che consentirebbe anche di cogliere in modo più efficace i frutti della trasformazione del consumatore/produttore nell’ottica di un’autoproduzione e di un consumo entrambi efficienti, possibilmente rinnovabili e flessibili.

Suggerisco di proseguire con lo speciale di Gestione Energia.

2 Comments

  1. Complimenti Dario, l’articolo e’ molto chiaro e ci sono l’idee importanti. Lo mando ai miei amici.

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