Carissimi,
un altro anno è passato, veloce, come sempre. E rapidi arrivano i miei auguri, sintetici ma sinceri: buone feste a tutti voi!
Per chi ha tempo da perdere lascio qualche considerazione…
Come non mai abbiamo bisogno della Natività. Della nostra Natività. Di uscire da quel torpore che non ci fa più indignare di fronte a quanti rubano, distruggono, sviliscono e abbrutiscono il Paese più bello del mondo. Siamo tutti dormienti in un presepe ambientato lontano dalla Capanna, in cui la stella cometa brilla, ma si è persa la voglia di cercarla nel cielo. O, se preferite, siamo come tanti stand-by: consumiamo sempre più energia per niente, invece di illuminare, muovere, riscaldare o fare qualunque cosa aiuti a migliorare ciò che ci circonda.
Non saranno nuovi governi, né leggi, né nuove tasse a risolvere i nostri problemi. Non sono “altri”. Lo sappiamo perfettamente. Dobbiamo essere noi a farlo, riscoprendo il piacere di costruire e non consentendo a nessuno di toglierci la vita; non quella fisica, ma quella che si fonda sulla libertà di essere noi stessi. Perché la libertà non si perde solo con i totalitarismi, ma anche lasciando che dosi piccole, ma continue, di vanità e negatività finiscano per addormentare le nostre coscienze e per demolire un po’ per volta i nostri riferimenti, lasciandoci deboli e indifesi di fronte ai cambiamenti. Siamo musicisti in un’orchestra con un direttore scarso e partiture scadenti. Ma, ed è la buona notizia, musicisti che sanno suonare bene, se vogliono.
Riprendiamoci il nostro tempo (quando sembra bello avere i negozi aperti tardi e la domenica è segno che qualcosa non va), pretendiamo che chi gioca a impoverire il Paese inizi ad arricchirlo, ricordiamoci che per costruire occorre ascoltare, affrontare i problemi fino in fondo e rimboccarsi le maniche, mentre oggi siamo bombardati di dialoghi e dibattiti vuoti e da fiere della volgarità (e la cosa grave è che non ci ribelliamo).
Se siete giovani e non avete dei bambini fateli – o adottateli – e viveteli; con la loro allegria, energia e con il loro candore saranno un’ottima medicina.
Se potete ritrovate il contatto con la natura e con la terra; vi ricorderanno le vostre radici (e magari anche che non ha senso importare da oltre oceano frutti e ortaggi che crescono benissimo a pochi chilometri da casa nostra: fa male alla nostra terra e ai nostri contadini, toglie lavoro qui e lo sfrutta laggiù, fa sì che non arrivi nulla di fresco sulle nostre tavole e danneggia l’economia).
Per chi non lo conosce allego quanto detto da Olivetti all’inaugurazione della fabbrica di Pozzuoli nel 1955. Vi troverete una serie di principi che poi sono stati messi da parte per rincorrere la parte deteriore della finanza (che di base sarebbe solo un utile strumento) e forse qualche idea.
C’è tanto bisogno di luce. C’è tanto bisogno del Natale. Non permettiamo a nessuno di portarcelo via.
Buon Natale e un 2013 da ricostruire giorno per giorno!
Dario Di Santo
Scarica il discorso di Adriano Olivetti.