Riporto di seguito alcune considerazioni in merito al tema delle agevolazioni alle imprese energivore. Si tratta di sconti offerti sull’acquisto di elettricità e gas naturale sugli oneri di sistema. Con le nuove regole l’agevolazione, e il relativo peso per l’impresa, cambia in funzione di alcuni parametri, come il valore aggiunto lordo (VAL) e/o l’intensità energetica, ma anche il livello di efficienza energetica e il prezzo dell’energia. Agevolare le imprese che vedono un forte impatto dell’energia sui costi totali può essere ragionevole, in un’ottica di competizione globale, ma il rischio è quello di vedere diminuire gli investimenti in efficienza energetica e generazione distribuita, con l’effetto negativo di non aiutare le imprese a ridurre la propria dipendenza energetica. Per questo FIRE ha realizzato un’indagine sulla percezione di imprese e operatori, con i risultati riassunti nella seconda parte dell’articolo.
Le imprese energivore, o energivori, sono quelle che presentano costi energetici rilevanti rispetto ai costi di produzione, o, per dirla in un altro modo, un’elevata intensità energetica. Il costo dell’energia per questi soggetti diventa una variabile primaria, che può avere effetti consistenti sulla propria competitività in un Paese come il nostro, tradizionalmente caratterizzato da un elevato prezzo dei vettori energetici (grandissimi consumatori a parte).
Questo è il motivo per cui negli anni si è cercato di offrire alle imprese energivore dei benefici sul costo di acquisto dell’energia, in particolare agendo sulla componente degli oneri di sistema, ossia le componenti para fiscali utilizzate per incentivare le fonti rinnovabili, l’efficienza energetica, il decommissioning nucleare, etc. Ovviamente questi sconti sono pagati dagli utenti che non possono accedere a questi benefici, in particolare PMI e consumatori domestici.
Per tenere conto delle indicazioni ricevute dalla Commissione europea e rispettare le linee guida sugli aiuti di Stato, l’Italia ha cambiato il regime di agevolazioni precedentemente in vigore nel 2017.
Vale la pena di ricordare che in base al D.Lgs 102/2014 le imprese riconosciute energivore sono soggette all’obbligo di diagnosi energetica ogni 4 anni di cui all’art.8 e alla comunicazione annuale dei risparmi di cui all’art.7 (se superiori all’1%).
Di seguito una sintesi delle misure e dei risultati dell’indagine svolta da FIRE.
La riforma degli oneri di sistema
Con la delibera 922/2017/R/EEL, l’ARERA ha completato la riforma della struttura tariffaria degli oneri generali di sistema per i clienti non domestici del settore elettrico, coordinandola con il nuovo meccanismo di riconoscimento delle agevolazioni per le imprese a forte consumo di energia, ed ha approvato il nuovo Testo integrato delle disposizioni per l’erogazione dei servizi di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica (TIT). La nuova riforma è entrata in vigore il 1° gennaio 2018, contestualmente alla riforma per le imprese a forte consumo di energia.
In particolare, con riferimento al TIT, il provvedimento prevede l’aggiornamento degli oneri di sistema, razionalizzati in tre categorie:
- Asos “oneri generali relativi al sostegno delle energie rinnovabili e alla cogenerazione”;
- Arim “rimanenti oneri generali”;
- UC3 e UC6 componenti perequative.
La nuova struttura degli oneri di sistema è inoltre trinomia, essendo formata da:
- una quota fissa annua €/POD;
- una quota fissa sulla potenza €/kW;
- una quota variabile sull’energia €/kWh.
L’aggiunta della componente sulla potenza e la modifica dei pesi delle altre componenti comporta una ridistribuzione dei costi che va a vantaggio degli utenti in bassa tensione e a svantaggio di quelli in media e alta tensione. In generale sono inoltre favoriti gli utenti con fattori di carico maggiori, a parità di potenza impegnata e fattore di carico.
Risultano particolarmente penalizzati, rispetto al passato, gli utenti alimentati in alta tensione, per i quali assumerà un’importanza decisiva l’accesso o meno alle agevolazioni per le imprese energivore.
Nella figura viene mostrata una simulazione che confronta la situazione attuale (2018), con quella precedente la riforma (2017) per tre diverse tipologie di utenti.
La riforma delle agevolazioni per gli energivori elettrici
La riforma degli oneri si collega alla revisione delle agevolazioni per le imprese energivore con consumi annui di almeno 1 GWh, introdotta dal D.M. 21 dicembre 2017 e valida a partire dall’1 gennaio 2018. Il decreto prevede due modalità di calcolo dell’esenzione dalla componente A3*, basata sulla componente Asos (la componente Arim è comunque dovuta per intero, mentre con le regole precedenti era inclusa nell’agevolazione). La prima si applica alle imprese ricadenti negli allegati 3 (imprese sottoposte a competizione in ragione dei costi energetici) e 5 (imprese con alta intensità degli scambi transfrontalieri) delle Linee guida CE sugli aiuti di stato (2014/C 200/01), purché presentino un’intensità elettrica sul VAL (valore medio triennale del valore aggiunto lordo a prezzi di mercato al netto di eventuali imposte indirette e degli eventuali sussidi) pari almeno al 20%. La seconda alle imprese rientranti nell’allegato 3 delle Linee guida CE con intensità elettrica sul VAL inferiore al 20%, e alle altre imprese ricomprese negli elenchi degli energivori per gli anni 2013 e 2014. La tabella seguente riassume i contributi previsti rispetto alla componente A3*.
Le imprese che soddisfano i requisiti del decreto ministeriale dovevano presentare domanda attraverso il portale predisposto dalla CSEA (www.csea.it) entro il 15 giugno 2018 (poi prorogato al 9 luglio), pena la perdita delle agevolazioni per il medesimo anno. Al momento, secondo l’elenco preliminare della CSEA a marzo, cui andranno aggiunte le imprese che non rientravano nell’elenco 2017, delle 2.692 imprese che usufruirebbero delle agevolazioni, risultano 58% di imprese in classe FAT1, 2% in FAT2, 1% in FAT3, 15% in VAL1, 8% in VAL2, 4% in VAL3 e 11% in VAL4.
Per il calcolo dell’intensità sul VAL o sul fatturato si terrà conto dei prezzi dell’energia medi indicati dall’ARERA e dei consumi efficienti stabiliti dall’ENEA. Questo dovrebbe ridurre la possibilità che un’impresa poco efficiente energicamente e che paghi tanto l’energia elettrica possa passare a una classe di agevolazione superiore. Le imprese riconosciute energivore e presenti negli elenchi della CSEA, inoltre, saranno direttamente esentate dagli oneri in funzione della classe di intensità, mentre con le regole precedenti li pagavano per intero e beneficiavano in seguito di un conguaglio (alla fine della fiera i conti non cambiano, ma da un punto di vista di percezione la differenza può essere non trascurabile parlando di attitudine a investire sull’efficienza energetica).
In merito a questo tema, sebbene le agevolazioni sugli oneri di sistema possano essere ragionevoli per le imprese che ne beneficiano, per motivi legati alla competitività, occorre ricordare che sono pagate dalle altre fasce di utenza e che, a causa della riduzione dei costi energetici, riducono l’interesse delle imprese agevolate a intervenire migliorando l’efficienza energetica e adottando cogenerazione e fonti rinnovabili. Per questo le agevolazioni avrebbero dovuto essere legate a obiettivi di efficientamento energetico o, quantomeno, all’obbligo di adottare un sistema di gestione dell’energia ISO 50001. Oltre ad alleviare nel tempo i costi sostenuti dalle imprese non beneficiate, ciò assicurerebbe interventi strutturali per quelle energivore, con doppio beneficio in termini di competitività e sostenibilità.
A mio avviso, comunque, più che ricorrere alle agevolazioni, sarebbe utile agire sulla fiscalità, concedendo benefici di altro genere alle imprese energivore (e.g. costo del lavoro, investimenti su processi, etc.) o su una tassa ambientale sulle importazioni per produrre tali risultati, lasciando che l’energia, una risorsa il cui utilizzo razionale è fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici, dia segnali corretti che invitino le imprese a ridurre i consumi. Del resto, il tema della sostenibilità è uno di quelli su cui si giocherà una parte importante della competitività delle imprese stesse in futuro ed è fondamentale che esse comincino a rivedere prodotti, servizi, processi e filiere in tale ottica.
La riforma delle agevolazioni per gli energivori sul gas naturale
Il MiSE ha successivamente emanato il D.M. 2 marzo 2018 sulle agevolazioni per le imprese energivore in quanto a consumi di gas, che richiede però un provvedimento aggiuntivo per la definizione delle fasce contributive.
La soglia di ammissione è pari a 1 GWh/anno (≈94.000 m3) e la valutazione dell’intensità avverrà con modalità analoghe agli energivori elettrici. Sarà inoltre possibile beneficiare di entrambe le agevolazioni con un livello contributivo minimo.
L’indagine FIRE fra imprese e operatori
Per cercare di valutare come le nuove agevolazioni fossero percepite da imprese e operatori (utility, ESCO, EGE), la FIRE ha svolto un’indagine veloce a maggio, che non ambisce a fornire un quadro esaustivo delle imprese italiane, ma mira a far emergere una serie di elementi di interesse e alcuni spunti di riflessione.
Delle 34 imprese manifatturiere che hanno risposto all’indagine, solo 2 non rientrerebbero nei limiti di soglia di consumo energetico annuo, ridotto a 1 GWh dal D.M. 21 dicembre 2017. Questo era prevedibile considerando che l’indagine è stata rivolta alle imprese che hanno nominato un energy manager, quindi con consumi annui superiori ai 10.000 tep.
La maggior parte delle imprese dichiara di avere un Indice di Intensità Elettrica (IIE), ovvero il rapporto tra il costo dell’energia ed il fatturato, compreso tra 2% e 5%, a cui corrisponde anche la fascia di agevolazione più bassa.
Il nuovo decreto prevede anche il calcolo di un nuovo indicatore di intensità energetica, calcolato come rapporto tra il costo dell’energia e il VAL. Per accedere alle agevolazioni, tale indicatore deve essere almeno pari al 20%, e circa un terzo delle imprese dichiara di non riuscire a superare tale soglia, mentre risulta alta la percentuale di soggetti che non sanno rispondere, segno che il VAL è un parametro poco noto.
Circa il 70% delle imprese manifatturiere ritiene le agevolazioni concesse poco o per nulla impattanti sui futuri investimenti in efficienza energetica, il 60% su cogenerazione e fonti rinnovabili; dichiarano infatti che la maggior parte degli investimenti previsti verrà comunque realizzata. Va detto che buona parte di queste imprese già beneficiava di agevolazioni in precedenza, quindi la risposta può essere affetta da questo aspetto. L’impatto differente per CAR e FER rispetto all’efficienza energetica nell’utilizzo potrebbe essere spiegata con la quota di energia in gioco decisamente maggiore, che porta a conti più complessi in quanto interagisce con l’accesso all’agevolazione, oltreché con i tempi di ritorno più lunghi.
La stessa domanda rivolta alle ESCO e agli EGE fornisce una visione diametralmente opposta. Il 60% ritiene che in generale gli investimenti in efficienza saranno fortemente penalizzati. Per gli investimenti in cogenerazione la percezione è ancora peggiore: il 70% delle ESCO e degli EGE crede che buona parte degli investimenti non verranno realizzati. Per quanto riguarda le fonti rinnovabili, si ha un sostanziale equilibrio nelle risposte, ossia una metà ritiene l’agevolazione penalizzante, l’altra metà poco impattante. La differenza fra CAR e FER è forse legata a una diversa percezione delle motivazioni all’investimento e al maggiore impatto della cogenerazione sui costi energetici.
È stata poi posta una domanda su cosa pensano le imprese dell’eventualità che l’agevolazione sia subordinata all’obbligo di implementazione di un sistema di gestione dell’energia certificato ISO 50001, così come fatto in Germania. Sorprende il riscontro positivo dalla maggioranza delle imprese manifatturiere, oltre che dalle ESCO e dagli EGE, su una misura più volte sollecitata da FIRE alle istituzioni competenti. Un simile approccio impegnerebbe le imprese a un miglioramento continuo in efficienza energetica, garantendo nel tempo una riduzione della quota di energia soggetta alle agevolazioni(e dunque un minore costo per le imprese non agevolate).
Sul tema della competitività alcune imprese segnalano il fatto che le agevolazioni possano dare uno slancio alle imprese stesse, riducendo il costo dell’energia e il rischio di delocalizzazione.
Emerge infine dall’indagine una certa preoccupazione da parte delle imprese che non otterranno il beneficio, di dover pagare un costo sempre più alto dell’energia dovuto all’aumento degli oneri di sistema. La speranza è che possano trovare un valido aiuto nei certificati bianchi, uno schema peraltro in difficoltà.
I risultati mostrano in definitiva una differenza nella percezione dell’impatto delle agevolazioni sui futuri investimenti fra gli energy manager delle imprese (che pensano che l’effetto sarà ridotto) e ESCO ed EGE (che ritengono che sarà marcato). Per entrambi i gruppi, comunque, la cogenerazione sarà impattata più che l’efficienza negli usi finali. Di interesse il fatto che anche le imprese sarebbero in larga parte favorevoli a un obbligo di certificazione ISO 50001, una delle misure che da sempre FIRE ha proposto per le imprese oggetto di agevolazione, in modo da garantire maggiori investimenti in efficienza nel tempo, a vantaggio sia delle imprese agevolate, sia di quelle escluse, che sarebbero certe che la quota di oneri da esse pagata per finanziare le prime andrebbe a ridursi nel tempo.
Ovviamente si può notare che se per le imprese energivore (precedente definizione) – che secondo dati CNA 2017 acquistavano nel 2016 circa il 14% dell’energia elettrica italiana – possono veder ridotta la convenienza ad intervenire, per le altre imprese (ossia la stragrande maggioranza) varrebbe esattamente il contrario. Difficile valutare quale dei due effetti sarà prevalente, ma confido che le imprese colgano l’opportunità di aumentare la propria competitività ripensando all’uso delle risorse, a partire dall’energia.
Salve,
volevo chiedere se i valori in € riportate sull’asse delle ordinate nel grafico riguardante gli oneri di sistema sono riferiti ai MWh.
Sì, certo, sono in euro/MWh. Ho aggiunto l’informazione alla didascalia. Grazie per la segnalazione!
A chi non fosse avvezzo con le trasformazioni, ricordo che 50 euro/MWh corrispondono a 5 c€/kWh, essendo un MWh pari a 1.000 kWh.
Buongiorno Ing. Di Santo,
in merito all’obbligo di diagnosi energetica derivante dall’art.8 del Decreto 102, dai vari chiarimenti del MiSE ho tratto la conclusione che chi rientra per la prima volta nell’elenco energivori nel 2018 dovrà fare la sua prima diagnosi entro il 5 Dicembre 2019.
Ma per chi era nell’elenco, e quindi aveva l’obbligo, già nella prima tornata entro il 5 dicembre 2015 ma ha provveduto in ritardo alla redazione della diagnosi senza aver ricevuto sanzioni o comunicazioni ma solo perchè prima non era a conoscenza di tale obbligo, come sono le tempistiche?
Se per esempio realizza la prima diagnosi nel 2017, restando sempre nell’elenco energivori, secondo lei la seconda diagnosi la deve fare dopo 4 anni dalla prima (2021) oppure dopo 4 anni da quando era obbligata (2019) quindi dopo solo 2 anni dalla prima diagnosi?
Spero di essere stat chiaro nel mio giro di parole.
Grazie mille.
Cordiali saluti
La diagnosi ha una durata di quattro anni, a prescindere dal fatto che avvenga prima o dopo la scadenza, salvo il caso di accertamento, che non a caso è esplicitamente indicato nelle linee guida ministeriali. Esse recitano, a beneficio degli altri lettori: